LORENZO FRAGIACOMO

LORENZO FRAGIACOMO

Con tutta probabilità sapete che ci occupiamo relativamente poco di autori che si dedicano alla canzone vera e propria. Per Lorenzo Fragiacomo abbiamo fatto un’eccezione, visto che lo seguiamo da un po’, e pure perché ha un passato non trascurabile, fatto di band e collaborazioni di un certo prestigio. L’occasione ce l’ha data l’uscita dell’ultimo Vidám Dalokat, un album che in pratica si è prodotto da solo e con delle valide frecce al proprio arco. Del resto ci occupiamo sovente di autoproduzioni. Buona lettura.

Domanda a bruciapelo, Lorenzo. Perché hai sentito il bisogno di reinterpretare il tuo repertorio solista nell’ultimo Vidám Dalokat?

Lorenzo Fragiacomo: L’album in pratica è il mio spettacolo dal vivo, che porto con Massimiliano Scherbi, Igor Ciuffarin e le sorelle Karamazov. L’idea sarebbe che il pubblico dopo aver assistito allo show possa portarsi via un ricordo tangibile e sonoro dello stesso. Allo contempo chi invece non può assistervi, magari si fa un idea di com’è. Le versioni hanno un risvolto interessante, in quanto avendo ridotto al minimo la band e fatto largo utilizzo di elettronica, hanno assunto una dimensione completamente diversa. Perciò ho preso la decisione di farne un’edizione ufficiale. Considerata la saturazione dei palcoscenici e la mia totale attitudine a essere fortemente in antitesi, per assurdo, con le mode correnti di qualsiasi epoca abbia vissuto, ho voluto incidere una testimonianza di un qualcosa che c’è ma che non viene visto e non interessa. Un simulacro di ciò che non avviene. Probabilmente il mio inconscio riteneva di doverlo fare per cercare di affermarlo a tutti i costi…

Cosa succede tra la tua prima parte di carriera, quella con gli Spy Eye, e l’inizio della seconda? Possiamo definirlo una sorta di cambio di pelle?

Eh, l’esperienza con gli Spy Eye è terminata nel 1993. Ci sono stati innumerevoli percorsi, più o meno interessanti. La sbornia di relativa popolarità, raggiunta con una facilità disarmante, si è contrapposta a un’attività passata praticamente a fare gavetta nell’oblio. Voglio ricordare qualche nome che ai più non dirà niente, ma ai locals qualche lampadina accenderà: Magikal Fishing Family, Occhiospia e i più noti Butterfly Collectors. Come artista, il cambio di pelle lo considero obbligatorio. È più che giusto coltivare e portare con sé le esperienze passate, ma raffinarsi e sperimentare lo considero importante. La retorica musicale è una delle cose che mi fa più soffrire, pur non essendo io un musicista dalle sonorità particolarmente estreme, anzi.

Mi piacerebbe sapere quali sono state le prime musiche che hai ascoltato da ragazzo. Come queste hanno poi influenzato il tuo modo di suonare?

I 45 giri dei miei nonni, con i successi degli anni Cinquanta e Sessanta. Per dire: nella mia cameretta suonava ad alto volume “Scandalo Al Sole”, “La Scala Di Seta” di Nico Fidenco, i Los Tamarindos. Le cassette nell’autoradio di mio padre: Tom Jones, Frank Sinatra, Mina e una mista della Exclusive con James Last e altri. Poi una valanga di “Early Disco”… e poi è arrivato il 1979, la nuova musica dall’Inghilterra e dagli Usa: il Punk e tutte le sue derivazioni. Io sono stato colpito e affondato dalla Two Tone, ma ovviamente ero eccitato da tutto ciò che capitava… The B-52’s, Devo, Sex Pistols, Dead Kennedy’s, Joe Jackson, Costello, Cabaret Voltaire, Siouxie, Cure, tutto… La cosa più bella è stata che in quegli anni ogni disco che usciva apriva mondi completamente nuovi. Fantastico.

Mi dai una definizione il più esatta possibile di “destino adriatico”? Cos’è per te esattamente? Quell’album tra l’altro mi colpì molto…

Uh, sono ossessionato dalla fotografia della Lignano del 1982, quando feci da ragazzino una stagione come cuoco. La title-track l’ho scritta ripescando immagini ed emozioni di quella volta. Ti saprei anche dire esattamente i luoghi. Trieste che sta proprio all’inizio, o alla fine. Lo vedo ogni giorno l’Adriatico… Questo titolo mi uscì un giorno mentre riflettevo sul senso della percezione della realtà, dopo una lunga sessione su Street View sulle strade di Tashkent (capitale dell’Uzbekistan, ndr). Vedere tutta quella gente indaffarata a fare la sua vita coi suoi sogni e riferimenti, in un luogo che a malapena sapevo dove fosse e dove probabilmente gli stessi abitanti ignorano la nostra esistenza senza troppi problemi. Ecco, sarà un pensiero ridicolo, ma mi ha dato questo senso di unione con le genti attorno a questo mare piccolo e cosi pieno di vicende. In fin dei conti sono qua che abito da cinquant’anni e probabilmente ci rimarrò fino alla fine.

Musicalmente ho cercato di offrire una versione di musicalità italiana un po’ meno stereotipata, un po’ più personale. Non sembra aver colpito particolarmente l’immaginario collettivo, ma io ne vado fiero. Sono contento del mio stile personale e riconoscibile. Non è una cosa scontata da raggiungere.

Lorenzo Fragiacomo

Chi ti ascolta e segue sa bene della tua attività triestina. Ti dà particolare soddisfazione unire la passione per la mescita dei vini e il suonare davanti a un pubblico amico?

È da circa trent’anni che lavoro dietro ad un banco. Se ci pensi bene è come andare in scena ogni giorno. Il mio è un bel lavoro e mi piace essere l’aggregatore di molta gente, scegliendo il vino da servire creando l’atmosfera giusta con luci, musica e quattro chiacchiere rilassanti ma non scontate. Se devo essere sincero mi crea un po’ di imbarazzo (anche dopo tutti questi anni) “performare” di fonte ai clienti/amici. Nonostante le apparenze melodiche, il live è sempre un momento in cui mi lascio andare a una sorta di trance esibizionista ed è sempre delicato rimettere a posto il rapporto classico tra clienti e gestore, per lo meno lo è per me. E anche l’ego artistico deve fare i conti con confronti e pareri a volte non richiesti che mettono a dura prova la mia pazienza. Questo lungo periodo di crisi poi ha complicato le cose, le persone hanno bisogno di sfogarsi, hanno pochi soldi e insomma… chi è l’avanguardia del supporto psicologico del mondo? Noi che operiamo dietro il bancone. Allo stesso tempo molti dei testi che scrivo sono direttamente ispirati dalle conversazioni che avvengono sotto i miei occhi.

Cosa apprezzi degli ultimi anni in musica? C’è qualche nuovo artista che ti piace? Mi racconti di come e perché in passato hai collaborato anche coi Father Murphy?

Ascolto tante cose. Ecco, solo il rock classico in tutte le sue accezioni mi annoia. I Father Murphy li ho conosciuti invitandoli a suonare nel mio storico vecchio locale, l’Iguana. Siamo rimasti molto in contatto e fondamentalmente in una sorta di sintonia di intenti (è veramente difficile non trovarli amichevoli e deliziosi) e attraverso tutta una serie di vicende mi proposero questo split. Al tempo la Madcap era molto attiva e grazie a tutta la ghenga ho avuto un sacco di belle serate ed esperienze interessanti. Certo, la mia musica è agli antipodi rispetto a quella dei Father Murphy, ma è stata un’opportuntà che mi ha permesso di uscire con qualcosa, erano anni che non accadeva. L’hanno fatto più per me che per loro stessi, a mio avviso, e sarò grato a loro per sempre. Non è facile trovare persone cosi generose nel mondo musicale. Aggiungo alla lista il produttore di electro Santos, persona simpatica e generosa come pochi.

Il tuo essere vicino alla cultura anglosassone (puoi vantare una collaborazione con Stuart Staples dei Tindersticks) e a quella Mod è risaputo, non a caso suonavi ska. Cosa ti è rimasto di quel peculiare “mondo”?

Ecco, colgo l’occasione per “riposizionarmi” nelle sottoculture degli anni Ottanta. Non sono mai stato un mod, e non lo sono ora. Diciamo che la mia collocazione è sempre stata tra gli original skinheads/scooteristi/rudies, tutte cose “limitrofe” ed associate alla cultura Mod, ma abbastanza distinte. Mi rendo conto che dall’esterno non si colga la differenza, ma è importante per me ribadirlo.
Frequento ancora oggi, quando posso, le serate Mod, perché la musica è insuperabile e a me piace ballare. La ricerca nel northern soul, soul, r’n’b e freakbeat è costante e svela canzoni pazzesche.
L’Inghilterra musicale degli anni Ottanta rispetto all’Italia era un paradiso e io avevo trovato la mia collocazione in una delle sue scene. Mi dispiace per chi non ha potuto assaporare quei tempi e quel tipo di melodie e atmosfere, mi rimarranno per sempre.

La collaborazione con Stuart quando capitò fu una cosa straordinaria per tutto ciò che rappresentava. Però non dimentichiamo che con la mia prima band, gli Spy Eye, uscimmo con un’etichetta londinese, la Unicorn Records, nel 1988. A quei tempi fu una cosa incredibile per un gruppo di ragazzi italiani. Ecco, l’Inghilterra mi ha spesso voluto bene e io le ho voluto bene.

Altra curiosità, dato che vivi in terre che hanno dato i natali ad artisti e gruppi molto validi (e parecchio diversi tra loro), ne cito solo alcuni in ordine sparso: Fausto Romitelli, Giancarlo Toniutti, Harry Bertoia, Mauro Teho Teardo, tutta la storia del Great Complotto, o il triestino Lelio Luttazzi… A occhio e croce si può dire che siete persone legate visceralmente alla musica, no?

Ah! I primi due li ho dovuti googlare… non si può dire che dalle nostre parti manchi il talento… A Trieste c’è una concentrazione di artisti musicali in gamba da sempre. È solo la completa ignoranza in materia di management, booking ed editoria a segregare gli stessi in città. Già Pordenone si stacca nettamente con tutte le realtà che ben conosciamo: considerato che è un “paesone”, per contrasto fa una certa impressione la mancanza totale di Trieste. Udine non so a che punto sia ora, ha avuto belle realtà anche lei, ma dà la sensazione che nella musica sia leggermente assopita, ma forse mi sbaglio… Trieste ha una storia tutta sua e i confini hanno segnato molto la mentalità dei suoi abitanti. Ora non ci sono più (o quasi), speriamo nel futuro.

Uscirà un nuovo album con degli inediti?

Io non riesco a stare senza fare musica. L’idea era quella di aspettare un po’ più del solito, sperimentare linguaggi inediti, prendermi del tempo per far uscire qualcosa, ma sono già in fervida realizzazione di materiale nuovo con delle collaborazioni interessanti e stimolanti, vediamo quanto ci vuole prima che accada. Se fosse per me pubblicherei di continuo, anche i demo. È una sorta di smania che spero sinceramente non mi abbandoni mai…