Le visioni sonore di Stefano De Ponti

Stefano De Ponti

Due parole di presentazione…

Da un immaginario antro buio si parte per una breve escursione nel mondo astratto del musicista milanese che proviene dai Passo Uno. Io lo seguo da un po’ di tempo, per la precisione da quando venni a conoscenza di un suo lavoro omonimo e di un altro a nome Me And The White Lash, e grazie alla cassetta per la svizzera Old Bicycle Records, Like Lamps On By Day, se ne parlava nella rubrica Hot Wheels. Poi fu la volta di una composizione, “Physis”, presente nella cassetta Burnt Circuits Kept Under My Bed, dove accostai la traccia ad atmosfere vicine a quelle architettate da Alan Splet, ricordate lo score di Eraserhead?

Il disco (che non c’è)

Ora con questo “Apparizione” – mai nome fu più appropriato, visto che si tratta di tracce digitali di un live in solitaria – la cortina fumogena si fa meno impenetrabile, nel senso che incomincio a comprendere meglio il lavoro/discorso che c’è dietro. Va premesso che i pezzi fanno parte di una serie, “Apparizione” appunto, curata dal sodale Andrea Cazzani, che è arrivata all’uscita numero sette: in precedenza era stata la volta di lavori di Patrizia Oliva (delle Allun, poi solista e nei Camusi), Sabir Mateen, Illi Adato/Luca Pissavini, Awkwardness, Roberto Crippa… per la cronaca sto scrivendo di una netlabel. Sempre per una netlabel, la Manyfeetuder, di Stefano lo scorso anno uscì un’altra session di registrazioni dal vivo, il “Live In Basel”: cercatelo.

Cosa c’è dentro, quindi? È presto detto: citazioni importanti, ad esempio, dato che nella marziale apertura di “The Inducted Need – Shout Version Part 1” è compreso un dialogo da “The Shout” (da noi “L’Australiano”), pellicola di fine Settanta del polacco Jerzy Skolimowski (“Le Départ”, con Jean-Pierre Leaud, “La Ragazza Del Bagno Pubblico”, con dentro un brano dei Can, e recuperatevi pure “Essential Killing”, col più che misterioso Vincent Gallo). Tutto questo per sottolineare che si tratta di un brano particolarmente adatto ad “accompagnare immagini”, pur non essendo legato del tutto solo a questa specifica idea, basta porre l’attenzione ai ritmi narcolettici e a quella particolare propensione a immaginare scenari evocativi. Il lavoro di De Ponti qui somiglia per alcuni versi a quello di Cristiano Deison, non a caso anch’egli nella compilation della Under My Bed. Nella lunga e quasi sorda “No Place, Nowhere”, invece, la tensione e lo sperdimento salgono di tono (immaginatevi una passeggiata nella foresta amazzonica accompagnati da un mucchio di flautini che stordiscono). In “Inducted Need – Shout Version Part II” l’atmosfera non cambia più di tanto, mentre “Father Solitude”, che a quest’ultima fa da apripista, è come un respiro profondo che sa di pesantezza e di inesorabilità, con stille di note che fanno male e cadono sulle orecchie come macigni, dopo è la volta della finale bonus track “La Cicatrice Sulla Pancia”, venti minuti di lacerti di suono (con l’innesto di un dialogo da “Professione Reporter” di Michelangelo Antonioni) uniti e strappati come di continuo, per una coperta noise che lascia una sensazione di indolenzimento (quegli ululati chitarristici che “disturbano”) e qui tornano le atmosfere à la Alan Splet, quelle voci in apertura che fanno da spiazzante incipit.

Il suono dello spazio

Altra piccola chicca, sempre digitale, è “Vacuous”, uscita per la londinese Sonospace (Francisco López, e i nostri Marie E Le Rose, Dramavinile, AV-K tra gli altri), collaborazione nata dall’incontro con l’artista visuale e fotografa proveniente dall’Olanda Yolenth Van Den Hoogen, che si esplica in una sola traccia che sfiora i dieci minuti, e frantuma certe idee vicine all’industrial, e alla techno, per una sorta di marcia lunare adatta ad accompagnare un’idea visiva piuttosto minimale che richiede particolare concentrazione, ma quando meno te lo aspetti incomincia a farti perdere l’orientamento, dimostrando cosi che il gioco può dirsi riuscito. Si spera di ascoltare ancora cose simili.

Conclusione, e polemica

Ascoltando questi due lavori ho subito pensato a come sia un peccato, ad esempio, che il cinema italiano contemporaneo non si guardi abbastanza attorno, e non si avvalga di musicisti come De Ponti, che infatti si muove anche in altri campi, in particolare il teatro. A oggi non mi risulta che ci siano dei film-maker tanto coraggiosi da sposare le sue idee, vorrà dire che dovrò farmene una ragione.