Le nuove vite del suono: presentazione di Inner_Spaces #4 (lunedì 11/4, Milano)

Inner_Spaces #4

Mettete assieme uno spazio importante per la cultura milanese come l’Auditorium San Fedele, la consulenza artistica del collettivo S/V/N/, il FAM (Festival Archivi Musicali) e l’aiuto dell’Archivio Storico Ricordi.

Aggiungete la curatela di Manuela Benetton, giovane operatrice culturale di stanza a Berlino, e avrete modo di vivere tra pochi giorni questo speciale evento che, va sottolineato, è parte di un convegno che si tiene lo stesso giorno all’Università Bocconi.

Cos’è esattamente Inner_Spaces 2016? Beh, innanzitutto un’idea di fruizione sonora (che ricorda un happening simile tenutosi a Berlino al CTM Festival un paio di anni fa) legata proprio agli spazi dell’Auditorium, situato nelle vicinanze del Teatro Alla Scala, che mette a disposizione il proprio Acusmonium Sator, particolare impianto-orchestra, unico in Italia, composto da cinquanta altoparlanti, sistemati in tre corone concentriche, che diffonderanno con la dovuta impostazione “immersiva” le opere scelte per l’evento, potenzialmente una cosa impressionante…

Ora che ricordo, un’esperienza non molto distante da questa si registrò, ma all’aperto e perciò in tutt’altro contesto acustico, qualche anno fa al Museo per la Memoria di Ustica a Bologna: lì ebbi modo di perdermi nelle voci e nei suoni di “Paradies” ed “Engel-Prozessionen” di Karlheinz Stockhausen, che si rincorrevano con grande efficacia d’ascolto (per mezzo di un impianto audio su otto canali attorno al pubblico). In quest’occasione, dunque, avrete la possibilità di vivere con le vostre orecchie, in un’atmosfera logicamente più raccolta di quella bolognese, una serie di composizioni trasposte in digitale molto diverse tra loro e lontane nel tempo (nei tre appuntamenti precedenti sono passati, tra gli altri, Francisco López, Nicola Ratti, Otolab e Robert Lippok dei To Rococo Rot). Non è un caso che stavolta si vada a ridare lustro (ma è proprio uno degli obiettivi della serata…) anche a poco conosciuti pionieri di questi linguaggi compositivi, come l’ungherese e trapiantato in terra scandinava Ákos Rózmann e Beatriz Ferreyra (di recente ci siamo occupati del suo notevole ripescaggio operato dall’attenta Editions Mego).

Le musiche da riscoprire

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I coinvolti sono assoluta garanzia di eclettismo, frutto di una selezione che definirei banalmente coraggiosa: non capita spesso infatti di poter assistere alla presentazione di un giovane musicista (classe 1981) e studioso francese come François Bonnet (i meglio informati lo conoscono pure come Kassel Jaeger, il giorno prima passa a suonare con questo nome dai tipi di Standards), direttore artistico del parigino Ina-GRM (la storica istituzione da qualche anno organizza pure un’interessante kermesse, Présences Eléctronique), che sceglie di far ascoltare “L’Orvietan” di Beatriz Ferreyra, il “J’ai Etè Coupé” di Luc Ferrari (anche lui tra i fondatori del GRM assieme a – ne elenco solo alcuni – Pierre Schaeffer, François-Bernard Mâche e Bernard Parmegiani) e “Turmac”, sempre del transalpino Philippe Carson, autore di composizioni di elettroacustica piuttosto materica, anch’egli oggetto di riscoperta grazie alla collana “Recollection GRM” della solita Mego, che nel 2012 lo include nella raccolta Traces One assieme a Edgardo Canton, alla stessa Ferreyra, allieva e connazionale di quest’ultimo, e a Francis Régnier e Mireille Chamass-Kyrou.

C’è poi la presenza dello svedese Mats Lindström, a capo dell’EMS (Elektronmusikstudion), dove sono transitati pure i nostri Caterina Barbieri (come guest composer) e Alessandro Bosetti (composer), giusto sottolinearlo con una punta d’orgoglio. Anche lui sceglie di proporci nomi magari meno “popolari” (se proprio vogliamo usare un simile aggettivo per questa tipologia di musicisti…), mettendo in ascolto le opere del connazionale Rune Lindblad (il suono magmatico, deragliato e davvero ostico di “Die Stille Liebe”), della statunitense Roberta Settels, che vanta collaborazioni con Pierre Boulez e Iannis Xenakis (l’acquatica e misteriosa “Landscape For 3 Tape Recorders”, estrapolata dall’unica pubblicazione a suo nome: Isolation! Meinhof In Memoriam), mentre del norvegese e poliedrico Knut Wiggen (passato prima dagli studi tedeschi a Darmstadt, e tra i più attivi collaboratori dell’EMS, dove mette a punto il pionieristico programma per computer denominato Music Box) si potrà ascoltare “Sommarmorgon”. Giusto un paio di anni fa è uscito un più che corposo box di sette cd per la Ideologic Organ di Stephen O’Malley, dove si scandaglia a dovere la sua intera, urticante opera: di Ákos Rózmann Lindström  recupera la tostissima serie “Impulsion I, II, e III”.

Chiude la serata un’altra coraggiosa, e inedita, reinterpretazione. Il nostro Valerio Tricoli, musicista di origini palermitane, patito dell’ormai storico registratore Revox (usato da tanti suoi colleghi che operano più o meno nel medesimo e complesso campo d’azione, i primi che mi vengono in mente: John Duncan e Luciano Maggiore), con interessanti lavori per Pan Records e Die Schachtel, e un passato coi bolognesi 3/4HadBeenEliminated (con lui Claudio Rocchetti e Stefano Pilia), si cimenta in una particolare versione extended del “Williams Mix” di John Cage, idea realizzata nel 2012 assieme a Werner Dafeldecker (polistrumentista austriaco con all’attivo numerosi progetti, vi ricordo gli interessanti Polwechsel). Qui i due allungano fino all’inverosimile la traccia, in origine della durata di poco più di quattro minuti, portandola ad oltre mezz’ora di esercizio, per tramite di una numerosa serie di suoni registrati (più di duemila) che servono, come affermano, “a interpretare digitalmente l’opera”.

Il consiglio è chiaramente quello di non perdervi tale, preziosa, occasione di ascolto ed approfondimento. Qui tutte le informazioni sull’evento.