KLIPPA KLOPPA, Siren

Siren

Siren è il disco sessuale del prolifico gruppo casertano (considerazione banale, nata leggendo i soli titoli). Con quella copertina poi… opera della brava Daniela InStabile, rappresenta una sirena dal volto anonimo, soggiogata dai suoi stessi capelli che le tengono legate le mani, con la coda che prova a dimenarsi in un fluttuare piuttosto inquietante.

Prete Criminale, Dino Draghen & soci tornano sul luogo del delitto, che ormai seguitano a frequentare con cocciuta assiduità. Per inciso, si tratta di quella stanza enorme dove il pop assume le forme più diversificate (nel senso di vera musica popular, dunque di qualcosa che tutto comprende e fagocita). I concetti e le idee della cultura post moderna nei Klippa Kloppa sono inseriti nel complesso linguaggio dei segni (letteralmente) che amano esprimere, visto che i pezzi sono tutti muti e mimano con forza un codice morse all’occorrenza palpabile (l’electro batucada della febbrile “Union”, con quegli umori quasi house che sono uno spasso, o la programmatica glacialità di “Deep Throat Siren Sex”, e astenersi commenti moralisti sull’intestazione, please). Un tripudio di tastiere e bassi profondi all’apparenza selvaggio (in “Control” c’è pure posto per quelli che sembrano furiosi scampanellii) domina un lavoro di non facile fruizione. I ragazzi si sa, hanno l’orecchio attento e le idee chiare, e riescono nella impresa di costruire una manciata di pezzi come questi senza risultare mai stucchevoli (la liquida marcetta funk di “Loving God”, tra Prince, i Drexciya e il miglior hypnagogic pop). Provateci voi a comporre nove brani strumentali senza sembrare mai tediosi. Loro dimostrano per l’ennesima volta che possono tutto, o quasi. Molti altri ─ decidete le ipotetiche vittime ─ proprio non sono alla loro altezza.