JUNKO / SACHIKO, Vasilisa The Beautiful

Junko

… la palizzata intorno alla casa era fatta di ossa umane,
sulle quali poggiavano dei teschi…
Vasilisa impietrì per il terrore, stordita da quella visione

da “Vasilisa la bella”

L’amore morboso per Sachiko va oltre qualsiasi forma d’immaginazione. Tutto nasce da un viaggio estivo in cruccolandia. Mi trovavo ad Aquisgrana, l’odierna Aachen, antica capitale del Sacro Romano Impero di Carlo Magno (e così abbiamo fatto anche un ripasso di storia). Non troppo distante dalla cattedrale c’era un piccolo mercatino dell’usato. Soffermandomi su di una bancarella che vendeva articoli musicali, rimasi incuriosito da un’edizione speciale degli Ace Of Base e impietrito per via di un cd dal nerissimo artwork e dal misterioso titolo: Prithivi Mandragoire (2007) delle Vava Kitora. Eh già, galeotto fu quel disco.

Questa è storia antica, quella moderna dice che la Musik Atlach ha appena rilasciato la registrazione di un live, tenuto presso lo Yellow Vision di Tokyo nel maggio 2014, fra Sachiko e Junko (storica performer vocale degli Hijokaidan), intitolato Vasilisa The Beautiful, come la fiaba del russo Alexandr Afanasyev. Come suggerisce la copertina, siamo di fronte a un intreccio di finissimi merletti, costruiti sulla base drone granitica e inquieta di Sachiko, che al tempo stesso si diverte a manipolare lo scream tagliente della compagna Junko, mescolandolo al proprio: un po’ come ritrovarsi in mezzo a una tempesta di sabbia, schivando schegge impazzite di cocci di bottiglia modellati dal caldo vento del deserto, mentre frastornanti rumori di scontri fra dune s’infrangono ciclicamente nei timpani. Che l’ugola di Junko fosse disturbante si sapeva (ultimamente l’abbiamo anche sentita nel disco di Rudolf Eb.er), ma qui la lancetta dei decibel raggiunge vette ciclistiche da hors catégorie. Non vi è un attimo di tregua, tranne che per un breve istante al ventesimo minuto, dove prende un pochino di fiato e lascia lo spazio all’inquieto drone orchestrato dal fiore di loto Sachiko. Sono trentatre minuti di stordimento sensoriale, devastazione sonica, esplosioni elettriche e creazioni biomolecolari.

Vent’anni fa non sarei manco arrivato al primo minuto, oggi, con smisurato interesse, sono riuscito nell’impresa di ascoltarlo due volte di fila, ma non senza danni auricolari. Oh sì, una volta tolte le cuffie, mi è sembrato di rivivere gli stessi problemi di equilibrio dovuti a quando mi ammalai di labirintite. Perciò: estrema cautela.