JOHNNY MOX, Obstinate Sermons

Johnny-Mox-copertina

A sentire i volumi (e la foga) del pezzo di apertura si direbbe che mr. Mox si sia dato a sonorità decisamente più metalliche, ma a ben ascoltare non è esattamente cosi, o meglio, è anche cosi, ma la sua natura di “predicatore” ne esce comunque rafforzata, vedi proprio il sermone iniziale o le scudisciate di “Praise The Stubborn” (e da queste parti lo conosciamo bene, lo vedemmo pure dal vivo). Il tema principale è sempre quello: collaudato ed “inscatolato” per bene, con liriche ben studiate che si rincorrono (e s’intrecciano) nella suadente e quasi tex-mex “Ex Teachers”, o nel beatboxing frenetico della successiva “O-Brother”, passando per lo stralunata vena cantautorale della notevole “The Long Drape”, indolente e oscura al punto giusto. Come nel precedente We=Trouble, chiude una traccia più meditativa (“King Malik”), con intermezzo però particolarmente ottundente, e con il sitar suonato dall’ospite Alessandro De Zan degli In Zaire, che dà un tocco di Oriente a un album tosto, diretto e senza troppi fronzoli. Bentornato reverendo.