IVO PERELMAN, JOE MORRIS, BALÁZS PÁNDI, One

One

L’etichetta con base a Londra (ma il fondatore è italiano e si chiama Giacomo Bruzzo) può venire paragonata alle americane Cuneiform e Tzadik per un certo modo di intendere la musica (senza troppi legacci espressivi)  per l’amore per il jazz, l’improvvisazione e le joint venture tra musicisti di diversa estrazione). Non a caso nel suo roster prendono posto progetti come Obake o Metallic Taste Of Blood (del nostro Eraldo Bernocchi), spesso interconnessi.

Il trio in questione, poi, è garanzia di muscolosi atti di forza sul versante più impro-jazz. Pándi, drummer ungherese dal retroterra metal e noise, ha suonato con Merzbow e To Live And Shave In L.A., tanto per dire… e Morris e Perelman non sono da meno: il primo ha collaborato tra gli altri con Matthew Shipp e il secondo anche con Cyro Baptista del giro di John Zorn. Questo One, insomma, la butta su un campo “minato”, dove attitudine improvvisativa, deliquio rock di chiara derivazione metallica (pur non essendo metal tout court) e atmosfere pesanti e buie non fanno prigionieri (l’apertura di “Freedom” è un attacco frontale che stordisce e la lunga “Universal Truth” sembra suonata a braccio e senza farsi troppe paranoie compositive, tanto che nel finale va fuori di senno che è un piacere…). Le cose cambiano ancora in “What Love Can Lead To”, più “regolare” e fumosa. In sostanza un disco interessante, che piacerà soprattutto agli amanti di un tipo di jazz più nerboruto (altezza Ken Vandermark, più o meno). Per tutti gli altri il consiglio è quello di approcciarsi con circospezione, anche perché questo One è fatto di una materia che scotta (dal vivo devono fare faville) ed il rischio di “bruciarsi” (e di annoiarsi se non si è nel giusto mood) è dietro l’angolo.

Tracklist

01. Freedom
02. What Love Can Lead To
03. To Remember What Never Existed
04. One
05. Universal Truth
06. Stigma