INDIAN, From All Purity

Indian

Arrivati alla soglia del sesto album, tornano a farsi risentire gli Indian. Vengono da Chicago, sono attivi da più di dieci anni e propongono quel tipo di sludge sempre più lontano dal doom e che tende a un postmetal di neurosis-iana memoria. Il loro, però, è stato un passaggio durato una carriera: l’album d’esordio, The Unquiet Sky, presentava ancora quel tipo di riff che si rifaceva agli Eyehategod, sebbene i brani fossero tutti lunghi e agonizzanti, e questo non può che riportarci alla mente i bostoniani Grief. Ormai, su questo nuovo From All Purity, le pentatoniche sono un vago ricordo del passato. Degli esordi gli Indian hanno mantenuto solo alcune caratteristiche: chitarre accordate bassissime, screaming non particolarmente aggressivo, distorsioni abrasive e una batteria spesso carica di riverbero. Lo stile è però ormai sempre più dentro al postmetal, genere che in America tira tantissimo. Il problema è che, dal punto di vista compositivo, i sei pezzi di questo full length sono abbastanza anonimi. Per carità, non abbiamo di fronte un gruppo pessimo né un disco così malvagio: il problema è che non c’è nulla che faccia risultare From All Purity neanche un po’ sopra la media della maggior parte delle uscite del genere. La produzione è di gran lunga meglio di quella dei loro lavori precedenti, ma ormai anche in questo caso parliamo di suoni che abbiamo tutti già sentito su altri dischi, sia belli che brutti.