Hell Comes Home, Vol. 1

Hell Comes Home

L’irlandese Hell Comes Home è un’etichetta discografica un po’ particolare, che ha avviato la sua attività quasi come se fosse una specie di club, con la possibilità di abbonarsi a uscite periodiche di alta qualità dedicate a musica pesante e underground. La prima uscita seriale ha occupato una buona parte del 2012 ed è diventata il “Volume 1 Box Set 2012”. Si tratta di una collezione monumentale di 12 split in vinile 7 pollici, usciti in coppia ogni mese da marzo ad agosto dello scorso anno. L’abbonamento alla serie includeva anche una scatola-cofanetto in edizione limitata e una maglietta come bonus. Le uscite, dunque, sono terminate nell’autunno 2012, ma i vinili sono ancora acquistabili separatamente o come cofanetto. In più quest’edizione “fisica”, curatissima, ha avuto e ha in abbinamento anche la versione digitale di ogni split. Questa “collezione” è stata dedicata principalmente a generi come sludge, doom, noise, black/death metal, hardcore e loro rielaborazioni più o meno eclettiche. La proposta musicale si è quasi riflessa nella decorazione del packaging, raffinata ma di grande impatto e “matericità”.

L’iniziativa ha coinvolto band sia di culto sia emergenti:

1. Kowloon Walled City / Thou

2. Suma / Ultraphallus

3. Dephosphorus / Great Falls

4. Akaname / Lesbian’s Fungal Abyss

5. Pyramido / Union Of Sleep

6. Burning Love / Fight Amp

7. Coffinworm / Fistula

8. The Swan King / Tellusian

9. Dukatalon / Rites

10. Black Sun / Throat

11. Dopefight / The Fucking Wrath

12. Dead Elephant / Rabbits

Noi ci siamo ascoltati il tutto, abbiamo annotato le nostre impressioni e poi abbiamo fatto una chiacchierata non con le band, ma con Joel, il fondatore dell’etichetta, per capire cosa c’è dietro quest’approccio un po’ particolare al business musicale, che sembra aver dato e dare soddisfazione a tutti: al fondatore, al grafico, alle band e agli appassionati di musica pesante, rumorosa, ricca di sfaccettature, da toccare oltre che da ascoltare.

Gli split

KROWLOON WALLED CITY / THOU (HCH 01)

KROWLOON WALLED CITY / THOU

L’apertura di questa serie impressionante di split in vinile, dedicata in buona parte alla poliedricità dello sludge/doom metal, è affidata a due formazioni americane, Kowloon Walled City, californiana, e Thou, dalla terra d’eccellenza dello sludge, la Louisiana. Il loro split comprende due cover legate innanzitutto da una parola in comune, July, e poi abbastanza sorprendenti, pensando alle band chiamate in causa.

I Kowloon Walled City reinterpretano l’intimità di “July” dei Low. Il brano July è tratto dall’album Things We Lost In The Fire, che il conosciutissimo gruppo slowcore pubblicò per Kranky nel 2001. I Low esordirono tra il 1993 e il 1994, anno d’uscita di “4th Of July”, dall’album Superunknown dei Soundgarden, interpretata dai Thou. Per la loro “July”, i Kowloon Walled City arruolano la voce molto seducente e appena appena tormentata di una cantante di nome Lisa Papineau e trasformano la melodia sobria e meditativa della versione originale in una ballata sludge-grunge. Però, nonostante la distorsione delle chitarre, l’uso di riff aggressivi e il rombo della batteria, e nonostante un ritmo un po’ più cadenzato e dinamico, il senso di intimità del brano originale non viene stravolto, bensì arricchito di passionalità, come appunto nelle ballate grunge più belle ed intense. I Thou rielaborano ed estendono “4th Of July” dei Soundgarden, brano sensuale già originariamente cupo, dal suono grezzo e dall’incedere lento, che si presta bene a una rielaborazione sludge-doom. Il fuzz e la massima distorsione regnano sovrani nei riff monolitici della melodia portante, grezza, quasi minacciosa ma in realtà intrisa di blues bruciante che arriva a picchi massimi quando le chitarre, prima ronzanti, si mettono a gemere e ululare emergendo dal feedback. La band rimane abbastanza fedele sia allo spirito che ai suoni originari anche nel canto pulito, ma l’aggiunta di un ulteriore tocco personale, ossia della seconda voce macabra e maligna del vocalist Bryan Funck, quasi da strega dei bayou, è un’altra bella sorpresa.


SUMA / ULTRAPHALLUS (HCH 02)

Gi Ultraphallus sono belgi e chi segue Riot Season già li conosce (Sowberry Hagan è uscito per l’etichetta inglese nel 2011, ospite di pregio Eugene Robinson degli Oxbow). Gli svedesi Suma non sono su Riot Season, ma ci starebbero perfettamente. Questo split, insomma, è all’insegna di un ottusissimo noise-rock, ripetitvo, ipnotico, pesante (doom?) fino a quasi farti ridere (ma guai se ridi). Split che rimetterete sul piatto a vita.


DEPHOSPHORUS / GREAT FALLS (HCH 03)

DEPHOSPHORUS

I Dephosphorus sono greci e provano a vedere che succede ad attaccare insieme black metal, grind e qualcosina d’altro, come si desume anche dai loro dischi (sono attivi dal 2011 e in tasca hanno un ep, uno split e un album). Noise “ragionato”, invece, quello dei Great Falls, che provengono dalla città del grunge e una volta si chiamavano Hemingway . Qui, con un colpo a testa a disposizione, vincono i primi, gente che non le manda certo a dire, meno dispersiva eppure non scontata.


AKANAME / LESBIAN’S FUNGAL ABYSS (HCH 04)

Lo split n. 4 è interamente strumentale e comprende due brani dallo stile contrastante, ma eseguiti da band e musicisti che hanno in comune un approccio tecnico, progressive, alla musica pesante. Gli Akaname, band neozelandese di cui ho scoperto l’esistenza con quest’uscita, sono dediti a un progressive death metal tecnico e coinvolgono come ospite il batterista Jamie Saint Merat degli Ulcerate, aprendo “Rain Will Be The New Gold”. La traccia, lunga oltre sei minuti, è molto atmosferica e lenta nella lunga introduzione prog/post-metal, ma poi subentra un senso di drammaticità quando si innestano riff massicci, intricati, tecnici e talora divergenti, cambi di tempo vertiginosi, e scorribande stilistiche tra post-metal, prog metal e death metal tecnico sincopato e spigoloso. I Lesbian, ruggente band di progressive/psych doom-sludge metal della West Coast americana, partecipano allo split con un progetto parallelo, Lesbian’s Fungal Abyss, orientato però verso improvvisazioni a cavallo tra ambient psichedelia e vibrazioni desert rock variamente “dopate” da funghi allucinogeni (Teonanacatl). La traccia, “Humongous Fungus”, risulta sorprendente per l’abbinamento con i suoni intricati e nervosi che l’hanno preceduta. Ma qui vince il contrasto e l’effetto rinfrescante dei Fungal Abyss. “Humongous Fungus” sembra non avere né capo né coda, emerge dal nulla e prima di rituffarsi nel nulla, si snoda lenta, quasi galleggiante e con un’ariosità e una varietà di sfumature sonore, incluse alcune “pennellate materiche” di distorsione, fuzz e dissonanze post-metal, che mi richiamano band come Yawning Sons e Hotel Wrecking City Traders. Balsamica.


PYRAMIDO / UNION OF SLEEP (HCH 005)

PYRAMIDO

Nel quinto split della serie sono coinvolte due band della scena europea, recenti ma ben note ai frequentatori del sottobosco di blog e ed etichette dedicati alla diffusione del Verbo sludge-doom. I Pyramido sono un po’ un’anomalia, una delle rare band svedesi che suonano uno sludge-doom metal bieco, torturato e fangoso come si usa dall’altra parte dell’oceano. Nei loro album Sand e Salt, la sabbia e il sale erano da sfregare sulle ferite aperte nella pelle scottata… Nei quasi sei minuti di “Cleansed”, però, i Pyramido sorprendono perché abbandonano ogni traccia di groove paludoso, se ne avevano, e “tornano” in Scandinavia, costruendo un’ode al dolore ed alla disperazione, un inno lentissimo, solenne di funeral doom intenso e con accenti quasi epici, alla Thergothon o Skepticism.

Gli Union Of Sleep, tedeschi, suonano pesante, aggressivo e “groovy”, mescolando il riffing monolitico e distorto dello sludge-doom con la sfrontatezza e il groove di southern e stoner metal e la furia dell’hardcore, un po’ alla Black Tusk/Kylesa/Buzzoven. All’indomani del devastante split con i Black Sleep Of Kali della scorsa primavera, gli Union Of Sleep ribadiscono il concetto: loro pestano alla grande. Dopo le atmosfere funeree e depressive dei Pyramido, portano una sferzata balsamica col brano, Crawl, che, nonostante il titolo, è una cavalcata frenetica e grezza crust d-beat/death’n’roll da slogare il collo, con riffoni veloci e sincopati emessi da corde di chitarre spesse come fruste e canto rauco e ruggente al limite del growl. Ma anche qui c’è la sorpresa, il doom primigenio nel cuore del brano: una brusca frenata e per un minuto si piomba in pieno doom sabbathiano, meravigliosamente pachidermico e sinistro, per poi tornare ad un’ultima carica di frenesia. Spettacolo…


BURNING LOVE / FIGHT AMP (HCH 6)

Mettere sullo stesso split il bastardo delle medie e un tossico che ti punta la siringa alla gola ridimensiona parecchio il ragazzino. I Burning Love rockeggiano, a momenti vien quasi da pensare che il pezzo potrebbe stare su Songs For The Deaf e bisogna dire che c’è una miscela di stili che sorprende per omogeneità, ma il cuore sta col piglio punk di “Shallow Grave” dei Fight Amp, noise rockers da Philadelphia, che hanno tirato fuori questo pezzo da Birth Control, uscito nel 2012 per Translation Loss.


COFFINWORM / FISTULA (HCH 07)

COFFINWORM / FISTULA (HCH 07)

Che accoppiata quella del settimo split della collezione di Hell Comes Home… Iniziano i Coffinworm, una band americana giovane, ma che ha lasciato immediatamente profonde cicatrici nella pelle col debutto Great Bringer Of Night, recentemente ri-masterizzato per la versione in vinile. In questo split con i mostri sludge Fistula, i Coffinworm prendono possesso della vostra anima e del vostro corpo con il loro suono bieco, oscuro e violento, un miscuglio di black-death metal e sludge-doom metal fatto di passaggi opprimenti, malati e violentemente misantropici. Il ritmo portante, in realtà, è cadenzato e trascinante come in certi brani dei Tulus, ma l’atmosfera, invece che glaciale, è corrosiva e urticante come vapori di pece bollente. Da lì vi aspettano gli affondi nel doom-sludge più funereo o l’affanno delle sfuriate bestiali black death, con il ruggito di D. che vi romperà le ossa. Alcuni minuti in più di incubo, rispetto ai nemmeno cinque di questa traccia, non avrebbero fatto male. Ma “Instant Death Syndrome” va facilmente in loop. Come pure quel che segue a opera dei Fistula. Con “Drugs And Deception”, da urlo, i Fistula ci riportano in una dimensione umana di disincanto, degrado e “cinismo di sopravvivenza”, raccontato al meglio dal loro sludge metal grezzo, marcio e  intriso di groove orgasmico. Si parte con le tipiche ondate di putridume sonoro viscoso e cupo, ma dopo due minuti inizia una carica di riffoni massicci di southern/doom metal bollente targati Corey Bing che vi pialleranno insieme alla voce sfrontata di Bahb Branca, fino alla fine dei quasi sette minuti di questo capolavoro da mal di collo. C’è poco da tirarla in lunga qua, ascoltatevi “Drugs And Deception” e godete.


THE SWAN KING / TELLUSIAN (HCL 08)

Sapore southern per il brano degli Swan King, autori di un boogie rallentato e distorto che riporta alla mente uno strano ibrido tra Black Sabbath e Molly Hatchet, con un che di spaziale nel mood. Il loro è un brano dall’ottimo crescendo e con un coro che non potrà lasciare indifferente chiunque ami i robusti suoni del sud e il sapore di polvere e terra bruciata dal sole, con tanto di coda strumentale dal deciso retrogusto psych. Un feedback introduce il riffing forsennato dei Tellusian, strano ibrido in grado di incorporare varie influenze, con una spiccata predilezione per derive math e un che di avantgarde nel mood generale, quasi una collisione tra linguaggi differenti tanto originale quanto capace di colpire nel segno. Un brano solo è ben poca cosa per comprendere appieno la portata del gruppo, ma di sicuro garantisce un posto nelle cose di cui tornare ad occuparsi e da approfondire.


DUKATALON / RITES (HCL 09)

Dukatalon

Il nono split della serie vede i Dukatalon riportare in vita un suono che prende le mosse da quanto di più marcio possa essere concepito, sia esso il crust, il primo black o lo sludge più melmoso, lo lancia sull’ascoltatore come una palla di pece infuocata e all’improvviso lo tira per i morsi come si trattasse di un’esplosione vista al rallentatore. Le schegge ancora ardenti si frantumano nello spazio fotogramma dopo fotogramma, in una slow-motion psichedelica che si dilata fino alla conclusione del brano in un’orgia di suoni dilaniati. Dal canto loro i Rites da Galway sfoggiano una robusta scrittura in cui al doom si sovrappongono sporcature noise che aumentano l’impatto di una traccia ricca di cambi di tempo e di tensione, quasi un intero microcosmo in cui il clima passa dalla calura del deserto al freddo di una notte senza stelle nel volgere di pochi attimi e ancor meno battute.


BLACK SUN / THROAT (HCH 10)

I Black Sun aprono questo split con “Crawling Like A Leech”, traccia d’impatto e, a suo modo, dinamica, pur nel suo incedere lento e greve, che viene sfumata rapidamente a circa cinque minuti, lasciando un po’ l’amaro in bocca. I Black Sun sono un trio scozzese che da anni, e pure in questa legnata di brano, propone musica bieca e sferzante, mescolando in modo originale sludge, doom, noise e dissonanze post-metal/sperimentali, prediligendo la rigidità a groove o ad atmosfere rarefatte. In “Crawling Like A Leech” un certo dinamismo, tirato e malato, deriva dalla cadenza quasi marziale del riff portante e soprattutto dai due vocalist, batterista e chitarrista, i cui dialoghi in stile sludge/hardcore molto aggressivo suonano come una Haka maori. Dai noise rockers finlandesi Throat, e dal loro brano “Anal Paranoid”, arriva invece una dose di musica grezza, contaminata e frenetica. Questa traccia, di circa tre minuti e mezzo, regala un bel noise-sludge rock condotto da un basso che pompa ferocemente, rabbioso nel cantato e nelle percussioni, lurido nella distorsione sludge, nervoso nei ritmi spesso sincopati, deviato da dissonanze ma intriso di groove infettivo, che non può non richiamare band come Unsane e simili.


DOPEFIGHT / THE FUCKING WRATH (HCH 11)

DOPEFIGHT

Puro doom dai rimandi sabbathiani per l’attacco deI Dopefight, stonati maestri di cerimonia per quello che in realtà si rivela presto un brano dalle forti contaminazioni punk e dal piglio anthemico che a stento viene trattenuto dal mantra settantiano in cui è confinato. La formazione libera uno strano ibrido in cui convivono i due grandi Black della musica estrema: dei primi si è già detto in apertura, i secondi sono ovviamente i Black Flag. A rendere questo split un perfetto punto di incontro tra scena doom e hardcore, trovano spazio i The Fucking Wrath, che vantano illustri legami con la scena accaci californiana e li palesano nell’energia urticante che si libera sin dal titolo del brano. Come da copione riffing muscolare e distorsione robusta per una cavalcata che non tradisce le buone impressioni lasciate dai precedenti incontri con la band.


DEAD ELEPHANT / RABBITS (HCL 12)

Non appena entrano in scena, i Dead Elephant chiariscono come il compito dei Rabbits sarà quanto meno arduo, non fosse altro che per quell’incedere immediatamente riconoscibile di una delle realtà ormai più personali e difficili da incasellare nelle solite gabbie di genere. Tutto appare collidere e rimescolarsi all’improvviso in un maelstrom sonoro che fagocita e sminuzza linguaggi e stili con impressionante naturalezza, la stessa con cui all’improvviso il brano si blocca e si abbandona a una lunga e straniante coda in crescendo. Il finale dell’intera operazione ricade sulle spalle dei Rabbits, dodicesimo gruppo a scendere in campo e sparring partner ideale per gli italiani, urla sgraziate e suoni sferraglianti continuano nella marcia per trasformare il suono di partenza in un organismo mutante e del tutto fuori controllo, con il respiro che si fa sempre più affannoso, il cuore che prima accelera e poi torna a rallentare, in un delirio sonoro che accompagna l’ascoltatore verso il silenzio. Fine delle trasmissioni, almeno finché non si decida di ripetere tutta la strada ancora e ancora e ancora…


Hell Comes Home: l’intervista

Hell Comes Home è una casa discografica emergente e il suo progetto di debutto è stato davvero notevole per misura e complessità, visto che ha coinvolto così tante band e di grande calibro. Come e quando ti è venuta in mente questa idea “pazza” e coraggiosa di iniziare l’attività della tua etichetta con un ‘iniziativa così impressionante? È stata la tua prima esperienza in quest’attività oppure provieni dall’interno della scena in qualità di musicista, produttore (…)?

Joel: Io sono originario della Svizzera. Alcuni anni fa mi sono trasferito in Irlanda. Lì mi sono trovato con un po’ di tempo libero a disposizione ed ho cominciato a giocare con l’idea di un progetto nuovo. Adoro i vinili singoli, da 7 pollici, ho scoperto tante band negli anni comprando dischi del genere un po’ casualmente. Poi non intendevo “mettere a contratto” gruppi musicali e volevo che questo progetto fosse temporaneo e senza stress e che potesse portare a qualche altra cosa, se mi fosse andato. Volevo provare a metter mano a qualcosa di diverso rispetto a semplicemente prendere una band e pubblicare il suo album o ep. Una mia precedente esperienza di gestione di un’etichetta discografica è stata molto formativa, ma parecchio frustrante per come si è sviluppata. Avevo bisogno di fare le cose in modo differente, almeno dal mio punto di vista, e questo progetto sembrava un’opportunità perfetta da portare avanti.

E no, non sono senz’altro nuovo della scena. Ho suonato in band, ho organizzato eventi, ho pubblicato una fanzine e, prima di Hell Comes Home, ho gestito un’etichetta discografica.

Cosa ti ha guidato nella selezione delle band da contattare e come hai deciso gli abbinamenti?

Ho scritto una lista di band che mi piacevano e che ascoltavo e che avrei voluto includere nel progetto. Poi le ho contattate tutte, ottenendo alcuni sì e alcuni no (ma, ad esser sinceri, non molti). Questo per il primo round. Poi ho ascoltato i consigli di alcune band con cui stavo interagendo. Ad esempio, Roderic dei Knut mi raccomandò di considerare i Dephosphorus, Ryan degli Unearthly Trance mi suggerì di mettere insieme uno split coi Coffinworm, e a loro volta i Coffinworm suggerirono lo split coi Fistula quando gli Unearthly Trance ad un certo punto rinunciarono.

Avevi uno schema ben preciso in mente o almeno un range abbastanza definito sin dall’inizio per il tuo progetto, in termini di generi e stili? E quanto tempo hai impiegato a completare il progetto fino alla sua forma “solida”?

Sin dall’inizio sapevo che lo spettro musicale sarebbe stato fondamentalmente un miscuglio di hardcore, sludge, doom, noise, math metal… praticamente la roba che ascolto. La difficoltà è stata quella di avere sufficiente varietà nei suoni per mantenere vivo l’interesse, come pure un miscuglio bilanciato di bandsaffermate e band minori, se non oscure. Volevo anche che questo progetto fosse un modo per far conoscere alla gente gruppi nuovi. Sai com’è, ti piacciono le band A e B, e magari ti potrebbero piacere le bands C e D, qualcosa del genere…

Ho iniziato a contattare i gruppi all’inizio del 2011, ho ricevuto tutti i brani entro l’autunno del 2011 e i primi split sono usciti nel marzo 2012. Il cofanetto completo, con tutti gli split, è uscito nel Dicembre 2012.

Com’è stato accolto il progetto dai musicisti? È stato facile convincerli a prenderne parte? E come avete interagito riguardo alle tracce specifiche?

Il progetto è stato accolto molto bene, almeno da parte dei musicisti con cui sono entrato in contatto. Alcune band hanno declinato l’invito a causa di problemi di tempo, ma la maggior parte delle reazioni era di grande entusiasmo per l’idea. A dire la verità sono sorpreso che il reclutamento non sia stato più difficile, e questa è davvero una bella cosa. Alle band ho chiesto o un brano nuovo e in esclusiva (o per lo meno una versione esclusiva) oppure un brano mai pubblicato prima. In quanto a essere originale o una cover, ho lasciato fare a loro.

Hai deciso tu il numero delle band da coinvolgere e il numero degli split da pubblicare o è stato tutto deciso in pratica solo dopo la valutazione dei contributi?

L’intero “concept” è stato deciso prima di selezionare i gruppi musicali. Sapevo che avrei preparato 12 split su dischi da 7 pollici in vinile da pubblicare in abbonamento, un brano e una band per parte, con due dischi nuovi spediti ogni mese, un cofanetto e una maglietta. Ho poi cercato di far sì che la realtà si adeguasse alla mia visione, ma questa è un’altra storia!

Hai iniziato la tua attività producendo musica in confezioni deluxe e che ha coinvolto bands underground e, per alcune persone, decisamente oscure. Qualcuno potrebbe anche dire che sei un pazzo che adora il rischio e buttare via i soldi. D’altra parte ci sono varie case discografiche underground che pure hanno promosso, recentemente, importanti uscite seriali. Un caso è Utech Records, un’altra è Gogmagogical Records (anche se l’approccio è diverso). Conosci qualche etichetta di queste? O meglio, sei stato ispirato da un’attività di questo tipo da parte di altre etichette?

La vita è così breve, quindi perché non godersela cercando di fare quello che si ha voglia di fare? Ed è proprio quello che ho cercato di realizzare con quest’impresa. Ovviamente non ho ancora recuperato i soldi investiti, ma non mi importa. Intendo, puoi sempre trovare una ragione per non metterti a fare qualcosa, ma che noia…

Non ho preso ispirazione né da Utech né da Gogmagogical, anche se conosco Utech Records. Mi piace la loro estetica visuale ed il loro catalogo, impressionante. La mia idea è stata quella di creare una specie di club ad abbonamento, una combinazione delle serie di compilations Sub Pop Single Club e “Cry Now, Cry Later” uscite per Pessimiser.

Kuba Sokólski, il grafico e musicista polacco, di Varsavia, ha curato l’aspetto grafico di questo tuo progetto, oltre che del tuo sito internet. Come è nata l’ispirazione degli insetti/bestie striscianti e dall’aspetto quasi preistorico per illustrare gli splits? Chi ha avuto l’idea? E questo tema grafico molto d’impatto è limitato al singolo progetto oppure rappresenta o comunica visivamente gli interessi dell’etichetta in senso lato? E si prevede il coinvolgimento di altri artisti in eventuali futuri progetti?

Quando chiesi a Kuba di curare la grafica del progetto ricordo che le uniche linee guida che gli diedi erano che volevo un tema unificante, con stessi colori… per tutti gli splits. È stato lui ad avere l’idea degli insetti. Penso che il risultato finale sia incredibile: conferisce alla serie di split un’identità visuale davvero forte e questo è proprio quello che volevo. Sono stato molto fortunato a collaborare con Kuba, che ha fatto un lavoro impressionante.

Ho sempre pensato alla casa discografica come un mezzo per combinare arte visiva e musica che mi piace. Vedi, quando investi molto tempo e denaro in un progetto di questo calibro, vuoi fare in modo che ne valga la pena. Non avrei mai accettato l’idea di far uscire della gran musica accompagnata da grafica di qualità mediocre. Penso che una cosa del genere annullerebbe lo scopo di procurarsi una copia fisica di un album. Per me la qualità della confezione è un modo per mostrare quanto ci tieni alla musica che vi è contenuta. Quando hai riversato un sacco di energia in qualcosa, non hai voglia di ottenere un risultato finale che fa schifo o quasi. È una perdita di tempo. Spero di mantenere fede a questo ideale anche nei progetti che verranno, e… sì, sicuramente lavorerò anche con altri artisti nel futuro.

Questo progetto di split è particolare e pure molto bello. Come immagini l’ascoltatore, o meglio, il compratore di questa uscita underground ma di lusso? Hai ricevuto dei riscontri soddisfacenti finora? Come sono andate le tue aspettative riguardo all’uscita dopo alcuni mesi passati dall’uscita definitiva della serie?

Grazie! Ciò che riesco immaginare al meglio riguardo ai compratori della serie è qualcosa tipo gli appassionati “duri a morire” di musica pesante e che apprezzano l’esperienza del vinile. Il mio unico criterio quando cominciai a mettere insieme il tutto è stato: “Mi piacerebbe una cosa del genere? Mi interesserebbe? Lo comprerei?”. In un’epoca in cui ognuno cambia gruppi preferiti quasi ogni mezzo secondo, ammiro e rispetto chi è disposto a comprare due ore di musica su dischi in 7 pollici: questo si chiama coraggio e dedizione!

Non mi aspettavo molto, ma devo dire che è davvero bello quando ti scrivono via e-mail per dirti quanto è piaciuto il cofanetto di split e ti chiedono quando ce ne sarà uno nuovo! Perciò per adesso il feedback è stato positivo. Nello stesso tempo, se non ti scatta qualcosa dentro, non compri un cofanetto del genere…

Poiché sto operando con un budget praticamente inesistente per la pubblicità e il marketing, non c’è stata una gran copertura da parte dei media. C’è stato un passa-parola molto lento, ma in qualche maniera la notizia di questi split continua a diffondersi e le vendite sono state costanti da un anno in qua. Speriamo che questo accada fino a quando anche l’ultimo disco avrà trovato una nuova casa che lo accolga amorevolmente!

E cosa pensi del dibattito sul formato della musica (analogico, digitale)? Varie band e case discografiche ormai pubblicano musica solamente analogica, in vinile o in cassette, e, in qualità di puristi, non allegano o abbinano alcun codice per il download parallelo per chi compra. Tu hai deciso di abbinare oggetti musicali solidi e versioni digitali. È stata una buona mossa?

Non ho alcun problema con la musica in formato digitale. È quel che è. È una scelta. Personalmente mi piace avere dei files digitali (in lossless) della musica che posseggo, così posso portarmela ovunque mi capiti di andare. L’esperienza col vinile è diversa e mi piace molto, ma per me non significa che devo fare per forza una scelta, o digitale o analogico. Mi piace avere entrambe le versioni. Ho abbinato il download digitale con i vinili perché volevo dare alla gente la scelta di ascoltare i dischi a loro modo, come e dove avrebbero voluto. Tuttavia non mi piacciono i files mp3 di bassa qualità. Per fortuna la capacità di hard disk e memorie è in crescita continua, così prima o poi i file digitali tipo lossless diventeranno, si spera, la norma.

Secondo te ci sono generi o scene che sono più interessate, oppure che hanno un bisogno particolare di avere in mano o di offrire la musica in formato “solido”?

Non saprei dire. Io so solo che il vinile è sempre stato qualcosa di importante nella scena hardcore/punk in particolare, e nella scena indipendente in generale, e non credo che le cose siano cambiate poi tanto. È da lì che provengo. Immagino che ognuno si relaziona alla musica in modo diverso, ma per me il lato fisico è senz’altro un’estensione di quello uditivo, e l’idea mi piace. Adoro stare a far passare gli lp. Li sento “reali”, sono “reali”. D’altra parte non puoi tenere in mano degli mp3.

Questo set di split è stato ufficialmente battezzato come “Volume I”. Quindi stai effettivamente pianificando un “follow-up” a questo progetto con la tua etichetta in un futuro prossimo? Oppure stai lavorando a un progetto diverso che faccia da intermezzo? Se è così, prevedi che ci sarà un’altra uscita simile al Volume I, ad ampio raggio e di lusso, in solo vinile? Oppure la tua etichetta potrebbe anche lavorare come le altre normali, arruolando singole band e pubblicando dischi anche in formato cd?

La prossima uscita sarà un nuovo album dei Great Falls (su vinile). Dopo mi piacerebbe iniziare a lavorare su un secondo volume della serie di split a 7 pollici, che potrebbe perfino durare per sempre. Non sto effettivamente pensando di pubblicare cd, ma non lo escludo a priori. Per il futuro spero davvero di riuscire a focalizzarmi su uscite belle toste, di alta qualità, con musica e grafica che siano in grado di resistere al tempo.

Grazie per le risposte esaustive e per la gran musica!

Grazie a voi! E buon divertimento!