HATE & MERDA, L’Anno Dell’Odio

HATE & MERDA, L’Anno Dell’Odio

Esiste un sottile confine tra comunicare sensazioni e farle provare all’ascoltatore, cioè tra il raccontare e il rendere partecipi della propria esistenza. L’Anno Dell’Odio per nostra (s)fortuna non si limita a parlare di una storia di disagio, ma lascia cadere gocce di solitudine che pian piano entrano sotto pelle e cambiano – senza che uno se ne accorga – l’umore di chi le assorbe. Accade così che un’esperienza sonora di per sé gratificante e appagante lasci un retrogusto amaro, uno stato di inquietudine impalpabile che si protrae e in qualche modo modifica la percezione. Se la doppietta iniziale colpisce duro con una nervosa coltre sludge e un’ostile venatura hardcore, il lavoro degli Hate & Merda cambia pelle con lo scorrere dei minuti e trasforma la rabbia in tristezza, la voglia di ribellarsi in una sconfortata sensazione di fallimento. Già di per sé la scelta di inserire un campione da “La Notte” di Antonioni, autentico manifesto di disperazione che si riallaccia al titolo del brano e ne completa il mood, palesa la voglia di far male, ma è con il dilatarsi dei suoni e il mutare dello scenario in note che gli Hate & Merda giungono al giro di boa e cominciano a instillare quel senso di svuotamento che ci porteremo dietro sino alla “Veglia Di Condoglianza” finale. In mezzo, il manifesto programmatico, la summa e la sintesi dell’intero disco, un brano che parte in punta di piedi per montare minuto dopo minuto ed esplodere in quello che è un urlo di pura resa, l’ultimo atto vitale prima di spegnersi e svanire nel silenzio assoluto. Ciascuno di noi ha una sua via Diamante, un suo luogo simbolo dello spezzarsi e difficilmente si potrà restare indifferenti alle parole che accompagnano questa traccia. La bravura del duo sta nel condurre l’ascoltatore attraverso questo radicale cambio di tensione senza lasciare il tempo di notare un vero e proprio stacco, così che alla fine si avverte inconsciamente la mancanza della ferocia iniziale e quindi un profondo senso di privazione. Varrebbero poco, in realtà, questi cambi di scrittura non trapelasse anche un reale disagio, il mettere dei due portavoce senza volti e senza nomi le loro sconfitte e delusioni nella musica. L’Anno Dell’Odio è un disco che fa star male e lascia i segni, quindi, manco a dirlo, un perfetto rappresentante della nostra musica preferita.