THE HUNDRED IN THE HANDS, Red Night

Red Night

Formatisi nel 2008 a Brooklyn, New York, i The Hundred In The Hands sono un duo composto da Eleanore Everdell (voci e tastiere) e Jason Friedman (chitarra e programmazione). Il nome da loro scelto è particolare ed è tratto da una frase che la nazione Lakota diede alla battaglia nella quale Cavallo Pazzo sconfisse cento avversari con i suoi guerrieri. Il loro debutto omonimo sulla lunga distanza era stato realizzato dalla Warp nel 2010 e conteneva undici pezzi che si distaccavano abbastanza dalla linea sonora dell’etichetta di Autechre, Squarepusher, LFO, Boards Of Canada e Aphex Twin. Il disco, infatti, proponeva un mix tra wave funk, elettronica e dance. A dirla tutta, The Hundred In The Hands avrebbero potuto benissimo uscire per DFA senza che nessuno dubitasse ne fossero degni. Motivo di distinzione erano dei pezzi freschi, diretti, con chitarre in levare e dei bassi belli pienotti. La voce di Eleanore si adattava bene al mix creato, perché sia melodica sia leggermente distaccata, nella migliore tradizione wave. Diverse le hit che vi voglio segnalare: “Love Sick (Once Again)”, “Killing It” e “Pigeons”.
Passati due anni, esce questo Red Night. I suoi dieci pezzi cambiano un po’ le carte in tavola, a causa di arrangiamenti decisamente diversi da quelli dell’album precedente. Sin dal brano d’apertura “Empty Station” troviamo un “impianto” meno minimale e diretto, grazie all’uso più marcato degli effetti sul suono della chitarra e all’aggiunta di orchestrazioni (violini e fiati) che sottolineano i momenti più pompati. Questo pezzo mi ha ricordato un po’ le atmosfere e l’attitudine dei Siouxsie & The Banshees nei loro episodi più orchestrali, con l’aggiunta di un basso synth leggermente dance. Anche la seconda traccia non mi ricorda molto l’esordio, perché l’uso del riverbero è abbastanza pesante e – se prima la chitarra era diretta e tagliente – adesso si mischiano suoni di chitarra acustica con chitarre riverberate e altre leggermente distorte. È come se la band avesse deciso di fare proprio l’effetto dei My Bloody Valentine, applicandolo al proprio sound. A mio modesto parere, questo tipo di approccio toglie l’immediatezza che avevano i loro pezzi, però visto che è naturale evolvere, non si poteva pretendere che rifacessero le stesse cose. Il solo problema è che adesso –  quando vogliono creare qualcosa di ritmato e coinvolgente – il suono si impasta un po’ (in “Come With Me”, ad esempio). Atmosfere rarefatte e suoni trattati (come i campioni suonati al contrario), fanno capolino qua e là, dando alla musica dei The Hundred In The Hands un nuovo volto. Sono dell’idea che il troppo stroppi  o, per dirla all’inglese, che “less is more”, però anche in questo Red Night la coppia ci mette del suo perché l’album abbia una sua coerenza e sono certo che troverà proseliti negli amanti del suono 4AD avvezzi anche a certe atmosfere post-wave.

Tracklist

01. Empty Stations
02. Recognise
03. Come With Me
04. Red Night
05. Keep It Low
06. SF Summer
07. Faded
08. Tunnels
09. Stay The Night
10. Lead In The Light