GIANCARLO TONIUTTI, La Mutazione

La-Mutazione

La ristampa de La Mutazione a opera della Black Truffle di Oren Ambarchi giunge a sei anni di distanza da quella curata dalla Klanggalerie. Se nell’edizione del 2009 avevamo un solo cd contenente i due brani originali “The Tree” e “Nekrose” più l’inedito “Apoplettica”, in questa invece abbiamo un vinile più cd con l’altrettanto inedito “The Questionable Hat Come Pesare L’Amo Sulla Spalla”. Quest’ultimo, come ci fa osservare Toniutti nelle note che lo accompagnano: “…is not music. It’s a kinematic statement, tale, journal of the pre-history and post-history of a project. In order to prove its existence”. Una sorta di diario di viaggio non composto da parole, ma da tante audio-diapositive registrate tra il 1982 e il 1984.

Riguardo al vinile c’è poco da scrivere: la qualità della registrazione rispetto alla precedente su disco è pressappoco la stessa. Poi magari qualcuno può dire che sul piatto tutto sembra suonare più morbido (o peggio caldo?), ma allora ribattiamo che un lavoro del genere, similmente alle suggestioni che ispira, dovrebbe suonare il più ruvido e urticante possibile. Al di là di questo, cosa ha significato in pieni anni Ottanta, in una fase quindi dove allo schiamazzo industriale andava sostituendosi il rumorismo più randagio, un lavoro come La Mutazione? Pubblicato oltretutto nel 1985 dalla Broken Flag, la principale portavoce di quel randagismo. Precisiamo subito che in fondo quella di Giancarlo Toniutti all’interno della “grey area” italiana è stata – come poche altre o, data l’estrema eterogeneità di quella situazione, come tante altre – una storia a sé stante. Quello tra il 1983 e il 1984, periodo nel quale è stato composto La Mutazione, era il Toniutti appena ventenne che in quegli anni si stava completando alla corte di Alvise Vidolin presso il conservatorio di Venezia. Se quindi con un piede era proiettato verso quella – come lui stesso l’ha definita – “grande apertura su un mondo di suono e cognizione” (1), con l’altro sembrava allontanarsi invece con più cautela dalle impro elettro-artigianali del suo duo Airthrob In e da “… quei suoni oscuri ma allo stesso luminosi” (2) della saga kosmische. Insomma, da qualsiasi tipo di musica addomesticata.
L’impressione è quella di un essere a due teste, un’entità coborda: laddove in quel momento la prepotenza con la quale home recording e produzioni diy stavano venendo fuori significava banco di prova (sono state numerose le apparizioni di Toniutti in compilation dell’epoca), il più pacifico, sebbene meno appariscente, conservatorio (mai comunque inteso nell’accezione di scuola di musica “colta”, anzi chiamiamola “scritta” come avrebbe voluto un altro illustre friulano) garantiva invece un adeguato banco di studio, sebbene l’attitudine rimanesse pur sempre quella di studente selvatico.
Questo però non tragga in inganno. Ridurre La Mutazione a un capriccio elettronico significa non tenere conto di come “The Tree” e “Nekrose”, epidermicamente parlando, in fin dei conti abbozzassero già quel tipo di svolta elettroacustica di derivazione post-industriale osservabile adesso in componitori come Simon Balestrazzi. Una musica, come sappiamo, risultato della polimerizzazione analogica di sintetizzatori, field recording, tape-loop, strumenti preparati. Senza la pretesa di spiegare, è riuscito a prevedere. Il rimando a Renè Thom è meno involontario di quanto si creda. È sul suolo, già di per sé contaminabile, de La Mutazione che avviene infatti l’incontro, spirituale s’intende, tra Toniutti e il matematico “della catastrofe”. Più facile ad ascoltarsi che a spiegarsi, ma nelle apparizioni spettrali e nell’emersione di oggetti sonori di “The Tree” o nei cluster e nei fibrati “sgranati” di “Nekrose” sono già rintracciabili sedimenti di una “stabilità strutturale e morfogenesi” (3) che, nei successivi lavori, si sarebbero trasformati in vere e proprie conformazioni sonore omeomorfe alle essenze fisiche.
È qui, tanto calza a pennello il termine, l’altra faccia di quella grande apertura su un mondo di suono e cognizione che completa l’inizio delle elaborazioni teoriche che infine hanno trovato il loro culmine sia con il trattato *KO/USK- (1998), sia con gli odierni “diorami acusmatici”. Col senno di poi La Mutazione si è comunque dimostrata un’opera tutt’altro che larvale, prematura nemmeno. Precoce, senz’altro. Non si spiega altrimenti come questo disco, così anzi tempo minimo, abbia fatto, a trent’anni dalla sua uscita, a invecchiare così bene.
Non capita tutti i giorni di potersi confrontare con un lavoro spartiacque, che conclude un ciclo incominciandone uno nuovo allo stesso tempo, così interessante e importante per la definizione dei caratteri ultimi del Toniutti come lo conosciamo oggi.
Questo disco ha prima di tutto rappresentato per lui la mutazione, il suo approdo su quelle rive della complessità ‘naturalmente’ eterodosse (4).

1. cfr. Giancarlo Toniutti, Á áyá yáat aa áa (c’è qualcuno qui seduto) L’Echinoderma della Percezione Passata: (Paolo Zavagna ed., “60dB”, pp. 145–153, 2009, Olschki)
2. cfr. Andrea Ferraris e Maurizio Bianchi, Maurizio Bianchi: “… italian pioneer of noise music, originating from Milan” (link)
3. v. Giancarlo Toniutti, The research of a polynoise (feeding the atomist cluster): (booklet in La Mutazione, pp. 6-11, 2009, Klanggalerie)
4. cfr. ID., Á áyá yáat aa áa, cit., p. 152.

Tracklist

01. The Tree
02. Nekrose
03. The Questionable Hat Come Pesare L’Amo Sulla Spalla (bonus CD track)