GABRIEL SALOMAN, Movement Building Vol.1

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Gabriel Saloman era gli Yellow Swans assieme a Pete Swanson. Quando la band si è sciolta (lasciandoci per consolazione l’ottimo Going Places su Type), Saloman è rimasto silente per un po’, dopo di che ha cominciato a pubblicare per Miasmah una serie di suoi lavori realizzati appositamente per delle pièce di danza. Difficile spiegare – nonostante le testimonianze video – come dei ballerini possano seguire la marea drone dell’americano, i suoi (inediti, in precedenza) rintocchi spezzati di piano e il suo uso particolare – non davvero ritmico – delle percussioni. Eppure la chiave del discorso, anche politica, sta proprio nell’unione di due linguaggi liberi: drone e danza contemporanea hanno in comune la non recintabilità, il fastidio per i formalismi, quindi ecco il corpo, investito dal suono, scopre possibilità nuove e sfugge alla normalizzazione che agenti esterni gli vorrebbero imporre. Movement Building Vol.1, che esce per Shelter Press, è nato per “Re-Marks on Source Material” di Daisy Karen Thompson, che come coreografa s’interroga proprio sulle costrizioni poste sul nostro fisico dalla tecnologia e dal lavoro. La musica, presa da sola, è comunque qualcosa che chi segue le etichette coinvolte e ascolta ambient non stenta ad assimilare e a far proprio. Niente pianoforte, questa volta: c’è una prima parte in cui la chitarra si produce in drone piuttosto scuri e dal forte impatto fisico, che avvolgono l’ascoltatore mentre suoni sparsi di batteria muovono il quadro d’insieme; la seconda parte è analoga in modo piuttosto evidente ai tipici crescendo emozionali del post-rock. Che tutto sia stato plasmato da mani sapienti, a fine ascolto è indubitabile.