FRANCESCO GIANNICO, Luminance

Francesco Giannico

Ridi e scherza, Francesco Giannico è in giro da un sacco ed è uno dei sound artist/musicisti elettronici più interessanti in Italia. Senza andare troppo indietro nel tempo (quando usava lo pseudonimo Mark Hamn), vale la pena ricordare la sua collaborazione con gli ormai veterani Uggeri e Mauri, uscita l’anno scorso per Boring Machines. Credo che in origine Francesco dovesse qualcosa al glitch e a Christian Fennesz: in Luminance si sentono questi inizi, rivisitati con grandissima conoscenza di tutti i trucchi del mestiere e arricchiti da field recordings che aiutano a evocare le atmosfere cercate. L’immagine di copertina (l’arredamento, il vestito della bimba) fa pensare che l’idea di fondo dell’album sia quella di interrogarsi sul “suono dei ricordi”. Musica e memoria possono essere sfocate e deteriorare, lo abbiamo visto soprattutto in questi anni: la ricaduta sul piano emotivo di questo sfaldamento è poco descrivibile (malinconia per il ricordo che sparisce, benessere perché forse è un bel ricordo) e appartiene a molti dischi usciti in Italia in questo periodo (di recente: Aldinucci), sui quali potrebbe starci più o meno forzosamente l’etichetta dronegaze. Non che Giannico abbia deciso di seguire chissà quale trend, ma in Italia questo filone pare proprio essere sfruttato (sarebbe interessante capire come mai). Luminance, rispetto a un’ipotetica concorrenza (brutta parola, lo so), ha il vantaggio di includere molte tracce nelle quali gli accostamenti tra strumenti acustici, rumore gentile e field recordings riescono sul serio a smuovere, al di là di troppe elucubrazioni sui generi.

Le domande, alla fine, sono più di carattere generale, dato che la qualità del lavoro di Francesco non è davvero mai in discussione: c’è una nuova quasi-scena in Italia? Possiamo usare per essa il termine dronegaze? Quanta originalità c’è? Ci saranno ancora progressi e un definitivo affrancamento dai paragoni coi modelli internazionali?