Fenomeno Bandcamp: sei etichette italiane a confronto

bandcamp3

Non sono un vero giornalista e non ho mezzi, non posso raccogliere dati sufficienti per preparare grafici e fare confronti basati sui numeri. Quanto andate a leggere non è scienza. Penso però che possa essere utile a chi compra musica per farlo in modo più premiante per chi la vende, ma soprattutto che possa dare qualche spunto in più a quelle realtà editoriali indipendenti delle quali ci occupiamo sempre, specie a quelle italiane e specie da quando l’azienda di cui parleremo non ha pensato solo a semplificare la vita agli artisti, ma anche a chi li pubblica.

L’idea di intervistare sei etichette diverse su Bandcamp nasce da questo post del suo staff. In sintesi quelli di Bandcamp scrivono che Apple forse abbandonerà il download, mentre loro no, perché si dicono convinti del fatto che ad alcuni fan interessi ancora possedere la musica, anche solo in formato di digitale, e non affittarla. Poi proseguono con un po’ di numeri e statistiche, che non posso verificare, per mostrare la loro crescita e l’aumento delle loro vendite, anche quelle di supporti fisici, nonostante la tendenza generale attuale sia negativa. Manifestano i loro dubbi sui sistemi “subscription based”, ma non sullo streaming, che – come sappiamo – per loro è una funzione irrinunciabile. In questo breve testo non mancano inoltre di sottolineare che pagano bene e che chi compra supporta davvero l’artista. Questo, già così, per me è un bell’argomento di discussione, ma c’è dell’altro. Da utente e da webzinaro, ad esempio, ho da sempre una brutta cotta per Bandcamp: è semplice da capire (e da gestire, tanto che ci abbiamo caricato le nostre compilation), lo streaming è gratuito e non si interrompe dopo pochi secondi, non devo scaricarmi software dedicati per fruirlo, riesco fare un embed nelle recensioni con assoluta rapidità (e di solito gli artisti lasciano sentire l’intero album, quindi massimo servizio per il lettore), sono finalmente in grado di mettere in piedi degli ascolti esclusivi per il sito, con tanto di tasto “pre-order” vantaggioso per chi vende (questa recente innovazione, a mio avviso, permette a questi signori di battere il concorrrente Soundcloud, che una volta tutti usavamo per fare questi “speciali”, anche se sapevamo che l’esclusività non era davvero blindata). Non dimentichiamo, infine, che grazie a Bandcamp ho facilità nel documentarmi su di un gruppo se ho bisogni particolari e fretta, il tutto con un colpo di Google e senza sorbirmi réclame e proposte varie, con la sensazione positiva, tra l’altro, che la presenza di un solo intermediario (Bandcamp stesso) tra me e i musicisti (o un’etichetta) non possa che essere proficua per questi ultimi. Siccome poi, se voglio, ho i pezzi nel mio hard disk, una volta che ho pagato posso muovermi e portarmi i file – senza DRM – dove mi pare.

Non sono il solo ad essere innamorato, provo anche qui a fare un esempio concreto: come evidente, non siamo un sito di news, ne diamo pochissime, ma mesi fa, quando venne fuori il problema dell’IVA applicata alle vendite digitali, pubblicai – senza essere copiato quasi da nessuno – un post sulle complicazioni che ci sarebbero state nell’usare Bandcamp, che subito capì la situazione, prese paura e risolse di corsa il dramma creatosi per i suoi clienti. Mai ricevute tante visite, o quasi: sui social assistetti a un’ondata di panico tra i nostri contatti “professionali”. A interessarci di Bandcamp siamo in tanti, insomma, secondo me perché in ambito indie questa piattaforma funziona e fa vendere, altrimenti non si spiegherebbe nemmeno l’atterraggio sui suoi server di Relapse, Neurot e altri nomi storici.

Per tutti questi motivi sono andato a chiedere a sei etichette indipendenti italiane, che come redazione conosciamo in alcuni casi da quasi vent’anni, se i toni trionfalistici della società americana sono giustificati, se non stiamo capendo qualcosa e che conviene fare. Le ho scelte, aiutato dagli altri redattori, anche distanti tra loro quanto a sound, perché dal confronto tra le differenze esce sempre qualcosa di produttivo. Alcune risposte hanno confermato le mie ipotesi, altre mi hanno ricordato che forse bisogna essere sempre e comunque reperibili dappertutto (iTunes e Amazon compresi, anche se sei “estremo”). Aggiungo io che la distribuzione fisica rimane un punto fermo e che nessuno dovrebbe rinunciare ad avere un proprio sito come “casa-base” (già però mi viene il dubbio che sia opportuno avere anche un negozio in casa, quando ci sono “outsourcer” stellari). Vediamo cosa ci hanno risposto cinque label manager e un addetto al web (Robin Luis Fernandez di Trovarobato). Lo stesso fatto che in cinque casi su sei il label manager sia anche l’addetto al web ci dice già parecchio su cosa si potrebbe fare per migliorare. 

P.S.: Bandcamp non ci paga, casomai aveste dei dubbi. Sì, ci sono magazine on line che hanno scritto editoriali musicali parlando di marche di scarpe, ma non so se li hanno pagati e non mi sembra proprio lo stesso caso.

bandcamp

Da dicembre 2014 esiste addirittura un “Bandcamp for labels“. Domanda fondamentale: perché Bandcamp e non altro? 

Tiziano Rimonti (Area Pirata): Di questi tempi tutto è necessario, quindi usiamo Bandcamp, ma anche Discogs e i canali tradizionali…

Emiliano Lanzoni (Aural Music / code666): Risposta fondamentale: perché solo Bandcamp? Aural Music non si limita a questa piattaforma digitale ma cerca di sfruttarle ed utilizzarle tutte (più di una cinquantina).

Onga (Boring Machines): Ho iniziato a usare Bandcamp soprattutto perché il carrello del mio sito gestiva malissimo le spese postali. Leggendo velocemente le features di questi carrelli preconfezionati avevo visto che potevo risolvere meglio la questione e ho cominciato timidamente a doppiare lo shop ufficiale di Boring Machines dentro Bandcamp.  Non avevo grandi interessi per le vendite digitali, né avevo ancora compreso a fondo tutte le opzioni che si potevano sfruttare. Lentamente ho capito che invece il tipo di servizio che Bandcamp offre è realmente dedicato ai musicisti e non è un semplice carrello per shop di dischi. Da allora è sempre più amore.

Davide Cantone (Subsound Records): Per quanto mi riguarda, quando è uscito ho pensato “ce l’hanno fatta!”. Col mio grafico avevamo fabbricato una sorta di “Bandcamp for labels” all’interno di Bandcamp già anni prima, ricreando con tutti i codici e link una pagina che racchiudesse tutti gli artisti Subsound che avevano un Bandcamp. Era difficile con tutti i blocchi che c’erano, ma era essenziale farlo e ci riuscimmo. L’abbiamo buttato giù quando è uscito quello ufficiale per le etichette , che seppur a pagamento offriva molti altri servizi. Non c’è altro di simile a Bandcamp al momento.

Robin Luis Fernandez (Trovarobato): Bandcamp è fondamentale per un’etichetta attiva nel 2016. Consente di far ascoltare i propri dischi gratuitamente, ma chi ascolta può anche acquistare mp3 o dischi fisici con grandissima facilità. I nostri dischi sono anche disponibili su YouTube, Spotify, iTunes, Amazon, insomma su tutti i negozi e servizi di streaming, ma Bandcamp rimane quello più pratico sia per l’ascolto immediato privo di interruzioni, sia per la facilità d’embed sui vari social network, sia anche per la trasparenza e per i margini di profitto favorevoli: su ogni acquisto Bandcamp si tiene solo il 15%, che è moltissimo meno di quello che si tiene iTunes, e il fatto che lo streaming, a differenza di Spotify o YouTube, che ci danno qualche spicciolo per ogni ascolto, sia gratis, è compensato dal fatto che l’ascoltatore che ci ascolta su Bandcamp sarà più portato all’acquisto e potrà farlo con solo un paio di clic.
A ciò si aggiunge anche il fatto che sono disponibili statistiche dettagliatissime sugli acquisti, gli ascolti, sui siti che hanno portato gli ascoltatori sulla tua pagina e tanti altri dati che oltre a essere utilissimi certe volte diventano una vera droga!
Bandcamp for labels, invece, è decisamente pratico per un’etichetta con un catalogo ampio di artisti, ognuno dei quali ha la propria pagina Bandcamp. Noi non ne facciamo ancora uso perché il servizio ha un costo che nel nostro caso non sarebbe giustificato, ma soprattutto perché preferiamo avere una pagina compatta con tutte le nostre uscite, invece di una pagina da etichetta che reindirizza alle pagine dei singoli artisti. In questo modo l’ascoltatore arrivato sulla nostra pagina per ascoltare uno solo dei nostri artisti ne potrà scoprire altri, e capirà che siamo un’etichetta che segue un filo logico e coerente nelle sue uscite: anche le due pubblicazioni più diverse tra loro nel nostro catalogo hanno qualche punto in comune, e il ruolo di un’etichetta è anche veicolare questi punti di contatto. O esserlo.

Mirko Spino (Wallace Records): Come ascoltatore non ho mai avuto molto entusiasmo per i “social musicali”, non ascolto musica su Soundcloud, Spotify e nemmeno su Bandcamp. Quindi anche come etichetta mi limito ad adeguarmi al fatto che una parte di pubblico li utilizza. Bandcamp è piuttosto affermato oggi, ma se domani dovesse conquistare il mercato un nuovo strumento di streaming, mi adeguerei a quello. Ma sto anche meditando di mandare a cagare tutti queste mode (si affermano in quanto temporanee, e lo sarà anche per Bandcamp, MySpace docet…) e restare un’etichetta che pubblica dischi toccabili. Devo fare i conti con la volontà di una sessantina di band, ma non escludo che questo sarà il futuro digitale Wallace. Il nulla digitale.


La nostra piattaforma preferita ha pubblicato uno scritto sul suo blog nel quale si vanta di essere cresciuta notevolmente e che vende 25.000 dischi al giorno. Accade perché sempre più persone usano Bandcamp per vendere musica, ovviamente. In ogni caso ti chiedo: questo trend positivo si fa sentire anche a casa tua?

Tiziano Rimonti (Area Pirata): Effettivamente Bandcamp riesce a mettere in contatto più diretto l’ascoltatore con la band o nel caso nostro con l’etichetta. Chi usa Bandcamp lo fa allo stesso modo di chi compra direttamente sul sito delle etichette o su quello delle band, con lo stesso approccio. In più, a differenza del sito singolo di ognuno, è più standardizzato e quindi dà più affidabilità, nonostante sia uno dei primi portali ad aver abbandonato la policy dei feedback tanta cara a tutti gli altri.

Emiliano Lanzoni (Aural Music / code666): Qui è necessaria una doverosa premessa: Bandcamp rappresenta una piccolissima percentuale delle nostre vendite digitali annue, non è nemmeno lontanamente paragonabile ad iTunes, Spotify o Amazon Digital, giusto per fare tre nomi. Quindi un trend positivo di Bandcamp esiste ma è circoscritto a percentuali e numeri infinitesimali rispetto ai Big che dominano il mercato della musica digitale “legale”, e se questo vale per noi che siamo una piccola “indie metal”, non oso immaginare il divario che esiste in ambiti più mainstream…

Onga (Boring Machines): Mah non lo so, si vende sempre molto poco comunque… Di sicuro posso dirti che stare sulla piattaforma Bandcamp ti dà un sacco di possibilità di condivisione del tuo shop che sicuramente fanno aumentare le potenzialità di vendita. Inoltre Bandcamp è sempre posizionatissima sui ranking Google, quindi quando cerchi un nome di un artista, se sta su Bandcamp lo trovi subito al volo. Immagino accada così anche per me.

Davide Cantone (Subsound Records): Sì, certo che si fa sentire soprattutto da quando Bandcamp ha messo anche i profili utenti personali, ottenendo molti più iscritti, sia compratori sia venditori. Poi ha aggiunto il servizio label e quindi ti confermo che si vende molto bene. Poi gli americani sono sempre a scovare nuove strategie che spesso sono utili e vincenti. Guarda che questi hanno svoltato eh…

Robin Luis Fernandez (Trovarobato): Come sapete, quello scritto è stato pubblicato per tranquillizzare gli utenti di Bandcamp dopo che è trapelata la notizia che Apple intendeva abbandonare il mercato del download musicale. Il suo tono ottimista è però giustificato, perché il mercato di Bandcamp è effettivamente in crescita, ed è un trend che abbiamo notato anche noi.  Grazie anche al fatto che, cercando un artista, la pagina Bandcamp è solitamente uno dei primi risultati su google se non il primo, nell’ultimo paio d’anni abbiamo visto aumentare molto sia gli ascolti che gli acquisti.

Mirko Spino (Wallace Records): No, nella maniera più assoluta. Forse ho venduto uno o due dischi tramite Bandcamp, non ricordo se fisici o digitali. Mentre il mio mailorder standard va decisamente meglio. Probabilmente il mio pubblico (meno giovane) non usa Bandcamp oppure la mia ritrosia all’utilizzo di questi strumenti di cui dicevo sopra si fa sentire in qualche modo. Oppure il mailorder sul mio sito funziona benissimo…

Nell’articolo si dice che la metà degli acquirenti di musica su Bandcamp è under 30. Io allargo la domanda: hai la percezione di aver trovato acquirenti nuovi, diversi dagli abituali, grazie a quanto ti hanno messo a disposizione questi signori americani?

Tiziano Rimonti (Area Pirata): Beh, non chiedo l’età, quindi per quanto ne so potrebbero pure essere tutti ottantenni, ma sicuramente l’utilizzo di Bandcamp ha avvicinato altre persone che prima non ci seguivano.

Emiliano Lanzoni (Aural Music / code666): Sì, la cosa migliore di Bandcamp è il suo essere una comunità di appassionati, quindi tutti i vari tools per incrementare il passaparola funzionano bene.

Onga (Boring Machines): Sicuramente sì. Ho incrociato un po’ di dati con lo strumento che scarica il file delle vendite e ho dato una letta. Anche quando preparo i pacchi verso l’estero do un occhio ai nomi e nessuno o davvero pochi dei miei supporter sono già amici miei sui vari social, quindi sono arrivati a me in maniera diversa e presumo faccia parte della capacità di diffusione di Bandcamp oltre che esser merito della stampa/radio.

Davide Cantone (Subsound Records): Non tantissimi nuovi, perché per quanto mi riguarda gli accessi sono più “from embed” che da Bandcamp stesso, ma moltissimi scovano, ascoltano e comprano nuova musica all’interno della piattaforma, inoltre in moltissimi casi i prezzi del digitale sono molto buoni, per cui fai nuovi acquirenti su Bandcamp.

Robin Luis Fernandez (Trovarobato): Uno dei vantaggi di Bandcamp è che quando ci viene notificato un acquisto, l’email automatica ci informa spesso anche di come l’acquirente ha scoperto le nostre musiche, certe volte proprio grazie a Bandcamp stesso, ai suoi tag, ai profili degli utenti. Molti acquisti dall’estero, in paesi dove non abbiamo fatto alcun tipo di promozione come il Canada o l’Australia, sono avvenuti proprio grazie a questo. Gli ascoltatori entusiasti (o gli acquirenti soddisfatti) poi tante volte aiutano a spargere la voce!

Mirko Spino (Wallace Records): Sempre se la mia memoria non mi tradisce, le (forse) due vendite su Bandcamp sono state fatte da clienti abituali. Ma è proprio la statistica che hai citato che parla: la musica della Wallace Records non è molto under trenta. A dire il vero non credo che la musica in generale sia per under/over una certa età, è musica e basta, ma è la maniera di presentarla (canali e parole usate) che la colloca in una fascia di età. Ed io non sono molto social-friendly nel presentare il lavoro della mia etichetta.


Esiste la possibilità di vendere anche oggetti reali grazie a questo negozio virtuale. La gente lo ha capito o deve ancora realizzare? Sempre a leggere il post dei nostri amici, sembrerebbe che abbia capito.

Tiziano Rimonti (Area Pirata): Sì, penso di sì, noi vendiamo soprattutto supporti fisici, anche se non manca chi soprattutto dagli USA, Giappone, o comunque fuori dalle tariffe postali europee, decide di acquistare la sola versione digitale.

Emiliano Lanzoni (Aural Music / code666): A me non piace questa opzione, ho qualche prodotto reale in vendita ma preferisco di gran lunga sfruttare il mio webstore proprietario piuttosto che appoggiarmi a Bandcamp.

Onga (Boring Machines): Oh beh sì, io vendo molto di più fisico che digitale per dire. Anzi, la figata è che io in realtà del digitale me ne frego proprio, è lì e ogni tanto arrivano dei soldi a random, solo perché per far sentire il disco che voglio vendere ho caricato una volta dei file sulla piattaforma: guadagno garantito. L’unica cosa che vedo che fa un po’ più fatica a girare è la seconda sezione “merch”, che non è nella pagina principale dei dischi, lì vedo molti meno prodotti venire comprati, anche se ci sono nascoste delle super offerte o oggetti particolari. Ma credo si tratti di una naturale pigrizia del visitatore, che guarda solo quello che si trova sotto il naso.

Davide Cantone (Subsound Records): Sì, in molti l’hanno capito, anche perché ci sono le “fotine”, ma non tutti altrimenti non si spiega perché certi clienti preferiscono comprare un album digitale a € 9 quando a € 10 ti prendi il cd, ad esempio… ed il digitale è gratuito… Perché lo fanno ? Ho sempre voglia di chiederlo a qualcuno, ma poi mi dico che non sarei un buon venditore se lo facessi ed inoltre, sai, penso che anche se dovessero averlo capito in molti preferiscono i file al fisico, magari gli under 30. Ci dobbiamo stare. De gustibus…

Robin Luis Fernandez (Trovarobato): La gente lo ha capito, e un numero molto soddisfacente delle nostre vendite fisiche avviene proprio su Bandcamp. Quando avremo altri tipi di merchandising, e speriamo sia presto, li potremo ugualmente offrire su Bandcamp. C’è anche chi lo usa per fare prevendita di concerti, ed è decisamente pratico anche per questo.
Ci ha sorpreso invece notare che sempre più gente usa il servizio anche per comprare “solo” gli mp3, che da un lato è un sintomo del passaggio dai supporti fisici al digitale ma dall’altro un segnale molto positivo: invece di ascoltarci da YouTube o dallo streaming (sia quello gratis di Bandcamp, sia quello a pagamento o con pubblicità di Spotify, Deezer et similia) gli ascoltatori affezionati preferiscono acquistare e scaricare così legalmente. È un bel segnale di fiducia nei nostri confronti, e anche di una tendenza a pagare per le cose fatte bene a cui si è affezionati, riconoscendone il valore.

Mirko Spino (Wallace Records): Sembra che lo stia capendo, ma secondo me lo devono capire ancora bene le band, che non sfruttano del tutto il potenziale del merch (in generale e quindi anche su Bandcamp). Il disco te lo puoi acquistare ma poi lo rendi immateriale per l’utilizzo che ne farai. Mentre la t-shirt no, non puoi scaricarla (per ora). Men che meno se ti inventi del merch originale e brandizzato (che so: cinturini per smart watch o tanga). Questo mercato secondo me non è ancora saturo. Ovviamente faccio considerazioni da osservatore e non da etichetta, dato che avrete capito che di vendere merch alla Wallace Records non frega un cazzo…

Lo streaming di tutto, pagando un abbonamento mensile (per esempio: Spotify, Tidal) sembra anche a te il Male come Bandcamp un po’ vorrebbe dire, ma non gli va di essere estremo?

Tiziano Rimonti (Area Pirata): Bandcamp secondo me ha mantenuto il vecchio approccio per cui ti vai ad ascoltare e a cercare quello che ti piace davvero, in maniera attiva, lo streaming di Spotify resta un po’ passivo, la musica è di sottofondo, senza considerare che anche la qualità audio dei secondi, anche nelle versioni premium, è spesso un po’ più scadente.

Emiliano Lanzoni (Aural Music / code666): Non è il male, anzi! Stiamo vivendo una fase di transizione e cambiamenti e ci vorrà ancora tempo perché le cose si assestino, in questo periodo particolarmente difficile per l’industria musicale e per la cultura musicale in genere ritengo che ci sia spazio e cittadinanza per diversi approcci, io sono un ultraquarantenne proveniente dalla vecchia scuola, e non posso né voglio pretendere che un ragazzino di 15 anni nativo digitale la pensi come me, quindi ben vengano lo streaming, gli abbonamenti, le pubblicità, i download e tutto quello che ci sarà ancora, amo i cambiamenti!

Onga (Boring Machines): È il male in assoluto. Tutto quello che decide per te è il male in generale, sin dai tempi di LastFM, e mi sembra davvero che Bandcamp sia l’unica piattaforma dove ti si danno dei consigli ma poi sei tu a scegliere dove e come sentire, acquistare… Persino Soundcloud, che è abbastanza comodo, mi ha un po’ stancato, perché quando attacchi un player su un profilo poi questo si muove su altre robe tra i “consigliati” “seguiti”… in base a decisioni che a volte mi sembrano delle gran stronzate: se sono entrato dal profilo Soundcloud di uno che fa ambient in base a quale diabolica stregoneria a un certo punto il player comincia a sputarmi fuori della roba proto-stoner? Mah.

Davide Cantone (Subsound Records): Non sono contro nessuna piattaforma altrimenti non ci venderei gli album. Posso preferirne una all’altra ma io sono sempre del parere che una label debba usufruire di tutti i canali possibili per vendere musica dal momento che investe tanto. Poi privarsi di alcune piattaforme che hanno milioni di ascoltatori mi sembra da folli. Comunque ultimamente va meglio Bandcamp che moltissimi negozi digitali classici e mi sembra pure giusto dato che sono stati e sono dei grandi secondo me! Perciò pago 50 al mese più che volentieri!

Robin Luis Fernandez (Trovarobato): Nessuno di questi metodi di pagamento della musica è Il Male, sono tutte cose che vanno provate in questo momento di estrema fluidità dei sistemi di distribuzione. Non sappiamo in che modo sarà diffusa la musica tra cinque o dieci anni, né quali di questi sistemi sopravvivranno e quali cadranno subito in disuso. Per continuare a farci avanti nel mondo della musica dobbiamo avere il piede in tutte le porte. Noi siamo presenti sia su Bandcamp, sia su Spotify e Tidal, ma anche su piattaforme più insolite come Xbox Music, e questo è un bene perché la gente deve poter scoprire la nostra musica in ogni posto possibile.
Quel che è vero è che i servizi ad abbonamento mensile danno profitti davvero minimi a etichette e musicisti, e prima di ottenere compensi sostanziosi bisogna avere un numero davvero alto di ascolti. A questo svantaggio rispondiamo cercando di promuovere il più possibile le nostre musiche!

Mirko Spino (Wallace Records): Tirano l’acqua al loro mulino, ovvio. Non possono competere con quei colossi e quindi fanno benissimo a sponsorizzare un uso diverso. Per me sono il male entrambi, ma ti dettaglio il mio pensiero due risposte più sotto…

Hai provato la nuova funzione che permette di dare il full album stream in esclusiva a un determinato sito? Servono a qualcosa i full album stream o semplicemente bisogna provarle tutte?

Tiziano Rimonti (Area Pirata): Ti dico la verità, ancora non l’ho provato…

Emiliano Lanzoni (Aural Music / code666): Il full album stream lo facciamo, non è tra quelle cose che amo particolarmente perché “spoilera” tutto il disco e personalmente amo essere sorpreso quando ne acquisto uno, ma come dicevo sopra io provengo da un’altra era geologica e capisco chi invece preferisce poterselo ascoltare tutto prima di comprarlo (a me bastano venti secondi di un brano per saperlo).

Onga (Boring Machines): L’ho provato su vostro consiglio per la prima volta e devo dire che è un’altra diabolica opzione offerta da Bandcamp che si è rivelata interessantissima. Facile da usare, fa comodo sia a me che voglio dare lo streaming e contemporaneamente offre all’ospite degli strumenti semplici di embedding, mantenendo sempre al centro dell’attenzione l’artista che la pubblica. L’hanno pensata davvero bene.
Per me i full album streaming servono a far sentire i dischi, attraverso siti o blog che sono vicini alla sensibilità di quel particolare disco. Non c’è una regola precisa e ogni volta si può decidere di dare tutto in pasto al pubblico con largo anticipo, in contemporanea all’uscita, oppure di tenere tutto segreto fino all’ultimo. Si provano tutte forse, ma sempre senza credere di stare ad annunciare il nuovo disco di Madonna insomma.

Davide Cantone (Subsound Records): Sì, certo l’ho provato… certo che servono i full album stream ed è una figata il servizio! Poi se sono efficaci dipende soprattutto dalle potenzialità della rivista o webzine in questione, da quanti lettori ha e da come spinge la notizia ed attraverso quali canali, i più forti sono i tedeschi.

Robin Luis Fernandez (Trovarobato): È una funzione molto utile che però non abbiamo ancora avuto modo di usare. I full album stream in anteprima esclusiva sono una cosa che facciamo regolarmente ma purtroppo non attraverso Bandcamp, perché non sempre i siti che li ospitano sono adatti a ricevere l’embed da un punto di vista tecnico. In alcuni casi preferiscono addirittura che i brani siano caricati su un loro player interno, il che per noi non sempre è vantaggioso. Se per le anteprime si potessero sempre usare i full album stream di Bandcamp sarebbe molto meglio per tutti.

Mirko Spino (Wallace Records): No, ho sempre usato Soundcloud, ma potrei usare Bandcamp alla stessa maniera. Se lo “embeddi” all’interno di un altro media non cambia granché per chi lo ascolterà. Non so se servono i full album stream, non ho riscontri diretti tipo: “voglio comprare questo disco perché è figo, l’ho ascoltato in streaming”. Più che facile che mi dicano che acquistano a scatola chiusa. Oppure che non mi dicano niente. Dici che dovrei forse investire sulle ricerche di mercato?

Ho usato Bandcamp per pubblicare le nostre compilation gratuite. Ho esperienza da utilizzatore con Soundcloud e da cliente coi vari siti di download/streaming. A leggere in giro, Bandcamp sembra davvero essere conveniente per gli artisti. Ti calcola persino l’IVA da quando è venuto fuori il problema dell’IVA nel 2015. Sono cattivi tutti gli altri, sono pazzi quelli di Bandcamp o c’è qualcosa che ci sfugge?

Tiziano Rimonti (Area Pirata): Loro ci guadagnano come gli altri, ma sembra diversa l’attitudine. Ci sono vari elementi che li differenziano. Ad esempio la possibilità per i fan che vogliono supportare un’uscita di pagarla un prezzo più alto del previsto e ti posso assicurare che qualcuno lo fa. Le prime volte pensavo ci fosse un errore, poi ho capito che qualcuno pagava 12 o 15 un cd prezzato 10… Inoltre man mano che superi alcuni scaglioni di vendita vinci dei crediti che sono digital download code da usare ad esempio a livello promozionale, un po’ lo stesso meccanismo dei videogiochi dove superi i vari livelli!

Emiliano Lanzoni (Aural Music / code666): Vi sfugge qualcosa ragazzi, vale a dire il rimanente 95% del mercato digitale mondiale!

Onga (Boring Machines): Questa è un’altra delle cose che Bandcamp affrontò fin da subito, risolvendo un sacco di problemi a chi si preoccupa della questione IVA… Io me ne frego bellamente in generale ma avevo capito che se avessi cominciato ad interessarmi a legalità ed onestà potevo contare su di loro. Non so se gli altri siano cattivi o meno, di sicuro è chiaro che Bandcamp ha in mente una cosa ben precisa, cioè che se vuoi essere il numero uno, devi dare servizi da numero uno e non pensare solo a capitalizzare in qualche modo. Ogni tanto qualcuno mi dice che Bandcamp si prende una discreta percentuale sulle vendite, poi c’è Paypal e insomma alla fine ti succhiano un sacco di soldi. Beh io ai regaz di Bandcamp e ad Elon Musk i soldi li do volentieri, visto gli strumenti che mi hanno messo in mano. Non so se rendo l’idea, ma è come pagare le tasse che paghi oggi per avere delle strade perfettamente lastricate (di pessime intenzioni), che ti portano comodamente al più vicino ospedale ipertecnologico dove prenoti una visita oggi e te la fanno domani in maniera super professionale.

Davide Cantone (Subsound Records): Da adesso il cliente intracomunitario è costretto a pagare il 21% (tasse tedesche) anche sui file digitali e su questo ci sarebbe da discutere, comunque te le calcola per legge e i soldi non arrivano più direttamente sul tuo Paypal ma vanno prima alla Merkel che storna, poi storna Bandcamp e poi arriva dopo un paio di giorni l’incasso alla label, che poi rendiconta l’artista il quale ha comunque la possibilità di controllare in real time le vendite e non aspettare gli statements. Sì!Gli altri sono “cattivi” in confronto, e quindi aspetto che facciano le loro mosse per stare al passo e ci offrano altre possibilità di divulgazione della musica. Alla fine di tutto paga sempre la qualità sia della musica, sia della piattaforma.

Robin Luis Fernandez (Trovarobato): Non è qualcosa che ci sfugge, semmai è Bandcamp ad aver capito come agire correttamente. Tra un servizio che ti fornisce pochi e sporadici compensi e uno che te li fornisce regolarmente e con trasparenza, con tanto di possibilità di visualizzare statistiche online, preferisco nettamente il secondo e questo Bandcamp lo sa e lo usa come arma promozionale. È lo stesso ragionamento che stanno facendo i vari concorrenti che nell’ultimo periodo sono nati come alternativa al vecchio monopolio SIAE.

Mirko Spino (Wallace Records): Non credo che Bandcamp sia venuta al mondo per salvare la musica e Spotify per ucciderla. Esistono entrambi per guadagnarci. Lecitissimo e normalissimo, sia chiaro. Mi stona se la condiscono con proclami di maggior etica rispetto ai concorrenti, perché di questo si tratta: concorrenza, mercato, investimenti e ritorni. E gli ascoltatori e le band e le etichette sono clienti: se gli piace e gli torna utile lo usano, se no scelgono un altro servizio. Il resto è marketing e scelta di un target: Bandcamp sembra puntare sull’indie.

Cosa ci siamo dimenticati di dire a chi sta per aprire un’etichetta e pensa a come mettere in download le sue pubblicazioni? Intendo qualcosa di diverso da: “Fermo! Non aprire un’etichetta!”.

Tiziano Rimonti (Area Pirata): Sì, se già l’ha fatto oramai, gli direi: usa più o meno tutto, ma prima di star perdere tempo con Amazon, ma anche con e-bay, vai su Bandcamp!

Emiliano Lanzoni (Aural Music / code666): Che contrariamente a tutto quello che si sente in giro, la fonte maggiore di guadagno sono ancora i cari vecchi cd (mentre per la questione dei vinili occorrerebbe un approfondimento) quindi il mio consiglio è di continuare a stamparli e non limitarsi ad essere una label solo digitale, e soprattutto non limitarsi al solo Bandcamp, che è carino e funziona bene, ma esiste un Universo fuori da lì… in pratica: diversificare al massimo le fonti di entrata e di vendita.

Onga (Boring Machines): Ci siamo dimenticati di dire che Bandcamp ha uno strumento che tiene conto degli ordini in corso dove segna la roba che è in ordine tenendo conto degli indirizzi di spedizione (che puoi stampare direttamente su etichette adesive dalla loro app). Puoi spedire ordini in acconto o a saldo e mandare una mail automatica al destinatario per avvisarlo e ringraziarlo. Puoi pure rientrare negli ordini vecchi già spediti se ti viene un dubbio su una vecchia spedizione. Non mi viene in mente qualcos’altro che Bandcamp potrebbe fare per me in questo momento, ma mi aspetto che a breve salteranno fuori con qualcosa di nuovo che mi stupirà ancora.

Davide Cantone (Subsound Records): Penso che al ragazzo abbiamo detto tutto. Spero solo che non pensi che un recording studio casalingo e Bandcamp bastino per aprire un’etichetta o fare una band… si infanga solo un mercato che a livello artistico piange forse anche a causa di queste facilities.

Robin Luis Fernandez (Trovarobato): Sii presente su tutte le piattaforme, ma usa Bandcamp il più possibile perché molte più vendite passano da lì. Diffondi il più possibile i link per l’ascolto, e sappi motivare bene le ragioni per cui la gente dovrebbe ascoltare le tue uscite. Tieni d’occhio le statistiche per capire cosa piace di più e cosa no: potresti avere delle belle sorprese. Quando carichi i tuoi brani su YouTube assicurati di inserire nella descrizione il link per acquistare l’album. E per finire, stai attento a non finire i download gratis!

Mirko Spino (Wallace Records): Come in tutti i settori, anche in questo occorre stare al passo, ed in questo in particolare occorre puntare lo sguardo sulla tecnologia e sul “costume”. Se si è bravi nel farlo si possono anche ottenere anche dei buoni risultati. Esempi ce ne sono. Il music-business non è in crisi, stanno solo cambiando molto velocemente gli attori, e forse manca ancora un forte regista (e questo mi fa piacere). Nessuno ci sta capendo niente e si fanno solo ipotesi e tentativi. A proposito di questo vorrei spendere un complimento a chi come voi solleva questi temi per discuterne pubblicamente.