ESPADA, Love Storm

Nato due anni fa in Argentina e con alle spalle l’ep d’esordio Flesh y Steel, il progetto Espada di Giacomo Gigli trasloca in Umbria, diventa un quintetto e dà alle stampe questo disco per l’italiana Black Vagina Records. Più che la geografia reale, però, è quella strettamente musicale a contare, dato che gli Espada si posizionano in un punto imprecisato, preferibilmente isolato, eventualmente sabbioso, possibilmente abbandonato, degli Stati Uniti del Sud.

Love Storm inizia con lo straziato simil-rockabilly di “Hard Times” e si conclude con il crepuscolarismo offuscato di “The Well”, sviscerando tra i due estremi una certa attitudine psych da frontiera e parecchie scorie elettrificate di country e hillbilly, mantenendosi comunque o su una canonica sensibilità (alt)folk che non si vergogna di guardare spesso al passato, specie per quanto riguarda la componente melodica, o su un altrettanto classica forma country-rock.

Gli episodi che puntano su effetti più atmosferici e scarni spiccano rispetto agli altri e il gruppo sembra più a suo agio e in grado di dare spessore emotivo ai brani quando si inoltra negli spazi aperti, ora in chiave vagamente minacciosa, come in “The Tour” e la su citata conclusione, ora con echi più svagati e onirici, come nell’indolente “Young And Devious”. Non tutto è così efficace, però, specie nei frangenti più movimentati, nel corso dei quali si scontano una prevedibilità di fondo nella concezione e un’esecuzione troppo ordinaria, tanto da pregiudicare in parte le potenzialità espressive degli Espada.

La sensazione è di avere a che fare con una band ancora in fase di rodaggio e che forse da un lato ha bisogno di affinare songwriting e idee, dall’altro di esplorare con più decisione i sentieri meglio tracciati in queste sette brani.