EIBON, II

Eibon

Due soli brani per una durata complessiva di ben quaranta minuti, queste le nude cifre che segnano il ritorno dei parigini Eibon, un viaggio senza via di fuga nel più asfittico e claustrofobico sludge prodotto di questi tempi nel Vecchio Continente, una sorta di tunnel dell’orrore al cui interno non stupisce trovare parti recitate e cori inquietanti, rumori sinistri e influenze dark-ambient, il tutto al servizio di una colata malevola che vede al momento ben pochi altri pretendenti alla gara d’appalto per l’inno ufficiale del prossimo risveglio dei Grandi Antichi (vedi alla voce Lovecraft). Certo, oggi l’oscurità sembra andare per la maggiore, così come la voglia di mettere alla prova i nervi dell’ascoltatore con lavori il cui tratto dominante appare un’ostilità palese e nient’affatto trattenuta nei suoi confronti, eppure gli Eibon riescono a colpire grazie a una scrittura capace di improvvise impennate che catturano dentro vortici di suono dall’effetto mesmerico, come nel finale della prima traccia, o con furiose accelerazioni che lambiscono senza troppi complimenti il più furioso blackened-core. C’è, quindi, parecchio tra le pieghe di questo monolite che, a conti fatti, si dimostra ben più vario e ricco di quanto la prima impressione lascerebbe suppore, proprio perché composto da un’incredibile gamma di sfumature e variazioni in tema estremo, con un finale a sorpresa che mostra persino un lato onirico del progetto. Se in precedenza la formazione era riuscita a colpire l’interesse e catturare l’attenzione, oggi si dimostra una realtà matura alle prese con una visione ambiziosa e forte di un arsenale che non trascura alcuna arma sul mercato, bianca o da fuoco che sia. In poche parole, caldamente consigliati.