COFFINS, The Fleshland

Coffins

Tornano i Coffins con il primo full-length da cinque anni a questa parte, il quarto nel computo totale. Non che i giapponesi siano stati a poltrire nel frattempo: fra split, raccolte, singoli e controsingoli il mondo è stato letteralmente inondato da uscite targate Coffins, in maniera anche eccessiva, forse. Non posso dire di essere riuscito a sentire tutto quanto, ma a questi ritmi non è facile mantenere alto il livello della qualità. E, se mi permettete una digressione da venditore di dischi piuttosto che da recensore, anche l’interesse del pubblico nei loro confronti ha subito un calo a un certo punto: pure le lasagne migliori dopo dieci teglie stuccano. Un anno di silenzio discografico quasi totale evidentemente è servito e, unito all’operato promozionale di Relapse, ha riacceso la curiosità del pubblico. L’epicentro di tutto ciò è l’uscita di questo disco, che non delude le aspettative, con il budget dell’etichetta americana a fare la sua parte per arrivare a un suono ottimo, che non guasta mai e che contribuisce in maniera fondamentale a innalzare il livello d’impatto di questo tipo di musica.

Il punto di riferimento dei Coffins sono sempre stati i newyorkesi Winter, che col seminale Into Darkness del 1990 si guadagnarono il titolo di Celtic Frost a 16 giri (si parla di un pilastro fondamentale del doom/death, che ad esempio Southern Lord ha pensato bene di ristampare in vinile). I Coffins hanno una maggiore dinamica rispetto ai Winter e – visto che sono anche passati vent’anni… – uno spettro maggiore di influenze, tra le più prominenti delle quali citerei Autopsy e Asphyx per il lato death metal e Grief per quello lento. Resta il fatto che i Winter spadroneggiano, quindi – essendo i Coffins forse gli unici a manifestare così palesemente questo debito – il suono diventa subito riconoscibile. E pure molto godibile, almeno per me: l’effetto è quello di un carrarmato che passa sopra della pasta frolla. Non attendete novità, quindi, se non quella cura particolare che ci si aspetta in un full-length piuttosto che in uno split 7″. I Coffins sono sempre i Coffins e, deduco, lo rimarranno anche in futuro. Voto: fondamentalismo doom/death.