CLESSIDRA, Carta Malabarica

Clessidra

Il quartetto toscano ci propone questo primo lavoro, che più lo ascolti e più sembra aver centrato l’obiettivo che s’era posto: rievocare paesaggi esotici e far intraprendere viaggi mentali in mondi lontani. Per la cronaca uno di loro è Andrea Pecchia, metà del progetto DEA, nato in seno al collettivo Ambient-Noise Session. Carta Malabarica è release strumentale particolarmente raffinata, che magari non aggiunge poi molto a quelle che sono le istanze di numerosi gruppi dell’area più “kraut-experimental” del passato (e del presente, inutile fare nomi…) ma si difende bene (pure i nostri La Piramide Di Sangue sono loro vicini, più per immaginario che per esecuzione tout court). A tratti, ma solo per brevi istanti, possono anche ricordare le fughe meno hard-oriented di certi Om (quelli degli ultimi due dischi), qui infatti il suono degli strumenti è meno saturo e si evince una voglia matta di buttarla in jam fino allo sfinimento (“Baghdad’s Battery”), ma non mancano elementi di contorno che aggiungono comunque fascino a una proposta che sa d’incenso e psichedelia (i disturbi continui dei suoni di sottofondo dell’inquieta e percussiva “The Kadath” e l’incedere carpenteriano di “Tunguska Pt.2”). Dove stanno le novità, quindi? Risiedono in quella sorta di nervatura noise che qua e là emerge tra le composizioni, e nella forte convinzione dei propri mezzi, unite a un’estetica sottilmente “camp” e quindi mai troppo seriosa (nella complessa struttura di “Giza” sembra di scovare una rilettura in chiave più ironica della “… Fear Satan” dei Mogwai). Dunque, se di viaggio si deve trattare, che almeno sia folle per davvero, pare di capire. Devono crescere, certo, ma sono sulla strada giusta.