CIORAN, Cioran

Cioran

Si è già parlato della florida scena veneta, che negli ultimi anni ha sfornato gruppi come biscotti, ma va aggiunta la varietà alle caratteristiche della produzione, soprattutto quella padovana. Tra i vari generi proposti dai gruppi non poteva mancare chi si muove in ambienti più oscuri: è questo il caso dei Cioran. La band nasce nel 2011 e dopo una serie di concerti soprattutto all’interno della regione, nel 2012 autoproduce un demo in cd-r (successivamente ristampato in cassetta) e dopo due anni, con una struttura maturata e riconoscibile, compone il suo primo full length, che per titolo ha sempre il nome del filosofo rumeno. L’album risulta meno fossilizzato su di un unico genere (come invece succedeva al demo) e lascia scorrere via parte di quelle chitarre molto eteree, che qui vengono rimpiazzate da riff più precisi e riconoscibili. Dopo un’apertura introspettiva – un campionamento di “Una Pura Formalità” – ci ritroviamo in sei tracce che percorrono molti stili e contengono diverse citazioni: incontriamo l’hardcore italiano contemporaneo più oscuro (“On/Off”), la violenza della scena di Brema (“Alessandro Moreschi”), ma anche l’affetto per il post-punk di “L’Appèl du Vide” (anche se proprio in quest’ultima si nasconde il beatdown più violento, altra passione della band). Le ultime due tracce si ancorano in territori più estremi: “Falsi Bagliori” è un inno black metal sbandierato nella scena hardcore, mentre “Bambino Falena” riporta in vita i vecchi Converge di Jane Doe. Queste ampie vedute rendono il disco vario e mai noioso. Chi si aspetta un’evoluzione della demo non la troverà qui, perché siamo già al passo successivo, quello della definizione di un gruppo che ha ancora molto da dire.