CINDYTALK, A Life Is Everywhere

Cindytalk

Sarebbe bello poter dire che conosco il lavoro di Gordon Sharp (classe 1961) sin dall’era post-punk e che me lo ricordo come ospite del progetto di casa 4AD This Mortal Coil, ma non è così. Se oggi possiedo la ristampa (detestata dall’artista a causa di litigi avuti con l’etichetta italiana che se ne occupò) di Camouflage Heart, uscito nel 1984, lo devo all’amore che provo per la sua “seconda carriera” ambient/noise su Editions Mego, etichetta nella quale sta alla perfezione. Una seconda carriera, comunque, non del tutto imprevedibile alla luce delle ultime fatiche discografiche (siamo nei Novanta) della sua band, quand’era appunto ancora un gruppo di musicisti e non un cantante che a inizio anni Zero entra (di fatto silenzioso) nel mondo del laptop, evidentemente spinto da una creatività mai sopita, nemmeno vent’anni dopo gli esordi (ormai trenta, arrivando a oggi). The Crackle Of My Soul esce nel 2009, ma origina da field recordings raccolti – e poi iperprocessati – sin da inizio millennio nei diversissimi luoghi nei quali ha soggiornato Sharp. Lo stesso discorso vale per i due album successivi, Up Here In The Clouds e Hold Everything, Dear, che hanno una gestazione comune col primo, tanto che si parla di trilogia. Hold Everything, Dear, probabilmente, è quello a compiere il miracolo, perché – nonostante alcuni accenni precedenti – vive dell’equilibrio tra le astrattezze del laptop e l’elemento “umano” (il tocco minimale di piano à la Harold Budd, per fare solo un esempio). L’unione di un ambient più “classico” e di uno più legato all’universo glitch (dal quale origina in qualche modo Editions Mego stessa), dà vita a una sorta di ibrido tra un alieno e un terrestre. Probabilmente, volendo anche aggiungere una collaborazione rivelatrice con Robert Hampson (Main, ex Loop, ex Godflesh), la storia poteva finire qui: Sharp aveva già commosso tutti ancora una volta. Invece no.

A Life Is Everywhere inizia con uno scampanellio assordante, durante il quale – si presume grazie al software – Sharp sembra quasi voler sperimentare l’effetto doppler su di noi, adagiandoci al contempo su di una fragile distesa di synth. Sarebbero suoni argentini se non fossero trasfigurati in questo modo, ma Cindytalk è anzitutto ambiguità e spaesamento, occorre ricordarlo anche proseguendo l’ascolto. È la volta degli scrosci incessanti di “My Drift Is A Ghost”, posti al di sopra di una bassa frequenza che draga lo stomaco ma introdotti da linee molto poetiche di synth, poi si brucia nel vento di “To A Dying Star”: al suo cessare, per poco, un altro fantasmatico accenno di melodia. “Interruptum” ci conduce in qualche paesaggio enorme e congelato: riecheggia qualcosa di adamantino, ma si aprono periodicamente anche vuoti colossali, o almeno questa è la sensazione che dà quello che sembra il suono esteso e ribassato di un violoncello. “As If We Had Once Been” è il pezzo più breve di tutti, caratterizzato dall’utilizzo di battiti avvolti come sempre nel rumore, ma la sua funzione nell’insieme non (mi) è chiara. Colpisce subito, invece, il pezzo finale, dove due linee di synth bastano a definire la parola depressione. Si sentono chiaramente, eppure sono sovrastate da un rumore forse mai così terribile: sembra proprio la conclusione tragica di qualche film.

Niente pianoforte gentile questa volta, ma – al di là della sua presenza o meno – continuo come sempre a immaginare il lavoro solista di Gordon Sharp proprio come il crepitio (assordante) della sua anima, per usare le sue parole. Difficile dire se qui, rispetto ai suoi primi due album Mego, ci sia una maggiore violenza. Con tutta probabilità sì, ma in generale sembra semplicemente che la storia non sia ancora finita, che Gordon abbia affilato le armi e che questo gioco di contrasti emozioni ancora, anche se adesso abbiamo chiaro chi e che cosa abbiamo di fronte. Davvero, in questi casi, uno anche solo un po’ interessato a questi generi dovrebbe procurarsi tutti e quattro i dischi.

Tracklist

01. Time To Fall
02. My Drift Is A Ghost
03. To A Dying Star
04. Interruptum
05. As If We Had Once Been
06. On A Pure Plane