BILOCATE, Summoning The Bygones

Summoning The Bygones

Se vi piacciono le contaminazioni “etniche” nel metal, la scena mediorientale è di grande soddisfazione sia per la varietà della proposta sia per la qualità dei suoi musicisti, il tutto premiato da un crescente seguito su scala internazionale. I Bilocate, dalla Giordania, sono una di quelle eccellenti band che praticano il Metallo nelle sue declinazioni più maestose, epiche e tecniche. In più, la fusione con melodie e refrain francamente orientali, assieme all’uso frequente di raffinati passaggi acustici, dà un tocco di freschezza alle sue complesse costruzioni.
I sei praticano uno stile ibrido definibile come dark progressive death metal, che incorpora elementi doom e, in subordine, gothic estremo e sinfonici, specie quando il suono è rinforzato dalle tastiere. La complessità, la ricchezza e le geometrie ritrovabili nelle suite dei Bilocate – i quali, attivi dal 2003, sono al terzo album – richiamano le sonorità e le atmosfere più cupe e malinconiche dei Paradise Lost, loro dichiarati ispiratori. Si trova però anche tantissimo della grande tradizione di progressive, doom e death metal melodico scandinava, ossia Opeth, Katatonia, Edge Of Sanity, Hypocrisy e così via, come pure del death metal tecnico e carico di atmosfera e potenza di Death, Cynic… Non è quindi un caso che Dan Swanö partecipi come guest nel nuovo monumentale album dei Bilocate, Summoning The Bygones, e che lo stesso album sia stato mixato e masterizzato in Svezia presso il Fascination Street Studio a Örebro, patria opethiana, da Jens Bogren (Opeth, Katatonia, Bloodbath, Amon Amarth, Paradise Lost…).

Il disco, molto lungo (un’ora e un quarto) sviluppa pienamente la gamma di paesaggi sonori propri di questa band, che sembra amare tutto del metal, dalle atmosfere sinistre e maligne (talora funeree) alle melodie più epiche, dai passaggi dinamici alle sfuriate più aggressive cariche di blast beat e riff come rasoiate. La qualità eccelsa del mastering impreziosisce le parti acustiche, fa vibrare le note del piano e allo stesso tempo esalta la potenza schiacciante dei lati più aggressivi, facendo apprezzare in tutte le loro sfumature le “storie” raccontate da questa band.
Tecnicamente Summoning The Bygones deriva da una rielaborazione e da un riarrangiamento talora radicali del debutto Dysphoria del 2005. Come in precedenza, si sviluppa attraverso l’alternanza di lunghe suite (tra i nove e i venti minuti) e brani più corti (sui 5 minuti), che talvolta fungono da interludi introspettivi dove le parti acustiche svolgono un ruolo molto importante. Tra questi brani più brevi spicca un’originale rielaborazione “flamboyant” della cupa “Dead Emotion” dei Paradise Lost, scelta per celebrare i vent’anni dalla pubblicazione dell’album Gothic.
Le suite sono storie coinvolgentissime e imprevedibili, costruite come sono attraverso rapide variazioni di tempo e stile che lasciano senza fiato e (piacevolmente) sorpresi. Tra queste “Hypia” (derivata da una profonda rielaborazione dell’originale “Days Of Joy”) e la monumentale “A Desire To Leave” vedono il suddetto, emozionante contributo di Dan Swanö.

Nonostante la complessità dei riff tecnici di chitarre e basso (che si sente!), la maestosità delle percussioni e le frequenti incursioni delle tastiere, il metal dei Bilocate non è pedante, almeno per me. È musica pesante, appassionata e magnetica, merito di certi riff intricati e sinistri che ricordano sia gli Opeth sia i primi Cradle Of Filth. Ma anche l’elemento sonoro di “contaminazione” mediorientale contribuisce all’aura sinistra e di mistero.  Non si tratta però di un input orientaleggiante che evoca quelle antiche crudeltà rituali morbosamente cantate da band occidentali quali Nile, Khert-Neter o Coffin Texts, bensì di genuino imprinting melodico popolare mediorientale, quello che si sente nelle radio dei taxi o delle botteghe, melodie che a noi occidentali  evocano mistero e fascino. Un po’ come le sonorità adottate anche da band come Orphaned Land, coi quali i Bilocate sono stati in tour di recente.
Come avviene per il connubio tra parti “pesanti” e le delicate parti acustiche, anche la potenza dell’eccellente, minaccioso e appassionato, poliedrico growl di Ramzi Essayed non è per nulla diluita dalle parti in cantato pulito. Con questa band, infatti, i cambi repentini di tempo e di stile ti catturano e ti proiettano in mondi paralleli, uno vicino all’altro, ma separati, come tra sonno e veglia. Forse anche la loro musica e questo album “recuperato” e rivisitato, come i loro testi, fungono un po’ una metafora di cosa può essere la vita in certe realtà del mondo, come quella mediorientale, in bilico tra culture diverse, un presente complicato e un passato carico di storia, di meraviglie e di dolore, e con la quotidianità avvelenata dalla censura e dall’assurdità e l’orrore di conflitti  troppo vicini che hanno radici nel passato ma che del passato sembrano non aver imparato nulla.

L’album Summoning The Bygones di questa dotatissima e coraggiosa band, di fatto oscurata in patria, uscirà l’11 Giugno 2012 per la label italica code666.

Tracklist

01. The Tragedy Within
02. Beyond Inner Sleep
03. A Deadly Path
04. Passage
05. Dead Emotion (Paradise Lost Cover)
06. Hypia
07. 2nd War In Heaven
08. A Desire To Leave