BILL CALLAHAN, Dream River

Bill Callahan

Altro giro e altra corsa per il musicista in passato conosciuto come Smog. Già col precedente Apocalypse aveva colpito per la sua capacità di scrivere ed interpretare canzoni come pochi altri. Quello, infatti, fu un lavoro particolarmente foriero di piaceri per le orecchie. Con Dream River si rimane su quel canovaccio, ma si prova ad affinare la ricerca sonora, coadiuvati da arrangiamenti sopraffini. Il tutto è suonato in punta di plettro, come sospesi e in assenza di gravità. Disco di stampo più “classico”, dunque, degno erede di quella tradizione che gli interpreti migliori (Cash, Young, Van Zandt e Crosby) hanno alimentato a suon di pesanti colpi di coda.

“Javelin Unlanding” è come il Bonnie “Prince” Billy di Ease Down The Road, ma senza nevrosi, tutta luccicanti chitarre che cavalcano sicure come in un film di John Ford… e con quel flauto che spiazza. “Ride My Arrow” si muove tra cantato suadente e accordi in souplesse, forse uno dei vertici del lavoro (ricorda tanto “Riding For The Feeling” dal disco precedente). “Spring”, invece, è una piacevole provocazione: sembra uscita da If I Could Only Remember My Name del già citato David Crosby e, permettetemi di dirlo, è un pezzo che vola letteralmente, ma di un volo assurdo, doorsiano e “perso”. Cantautorato a sprazzi più “lisergico” del solito, quello dell’autore del Maryland, che a volte sembra farla “fuori dal vaso” (i cambi di traiettoria di “Seagull”), nel senso che spiazza su quella stessa forma canzone che conosce a menadito, ma lo perdoniamo ─ il pezzo è confuso e splendido al contempo ─ e conferma di essere sempre di un livello superiore. La chiosa finale della rilassata “Winter Road” lo dimostra ancora di più. Tra i collaboratori, alle congas una vecchia conoscenza di Callahan: Thor Harris degli Shearwater (attivo anche con la reincarnazione degli Swans). In definitiva non siamo ai livelli eccelsi del disco precedente (quello rimane uno zenit difficile da raggiungere), tantomeno a quelli di Dongs Of Sevotion e Red Apple Falls (anche se erano tempi diversi), ma il buon Callahan ha la pellaccia dura e ci ha conquistati ancora una volta. L’erba “cattiva”, meno male, non muore mai.

Tracklist

01. The Sing
02. Javelin Unlanding
03. Small Plane
04. Spring
05. Ride My Arrow
06. Summer Painter
07. Seagull
08. Winter Road