ATRAMENT, Eternal Downfall

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Oakland, luogo dell’eterno scontro fra metal e punk. Scontro o magari incontro, sembra comunque che nella città californiana esista una comunità di musicisti in perenne fibrillazione creativa. Forse non sarà affollatissima, dato che certi nomi (propri) sono ricorrenti, ma resta il dato sulla prolificità. Negli Atrament si trovano componenti ed ex componenti di Necrot, Vastum, Abstracter e aggiungiamo al lotto anche i Black September, nonostante non siano nativi della Bay Area. Da questi nomi e da certe descrizioni roboanti mi aspettavo qualcosa di più votato al metal estremo e all’apocalisse, invece devo dire di essere rimasto sorpreso, anche piacevolmente, dall’ascolto di un ottimo d-beat di fattura svedese. Giova del resto ricordare che moltissimi e celebri gruppi d-beat svedesi hanno le proprie radici in precedenti esperienze nella scena death metal storica, è il caso per esempio di Skitsystem, Uncurbed, Diskonto e Dischange/Meanwhile. Per tacere dei trascorsi punk precedenti alla militanza death metal. Un eterno ritorno di cui gli Atrament, a livello di sonorità, fanno parte a tutti gli effetti. Dal certi punti di vista siamo molto vicini al death metal, data la corposità delle chitarre e la grande voce cavernosa del nostro emigrante Mattia Alagna. I riff sono classicamente d-beat svedese e vengono arricchiti da sporadiche accelerazioni in chiave death metal o anche più sinistramente black, se non da ancora più sporadici rallentamenti. Il nome che con prepotenza mi viene in mente durante l’ascolto è Skitsystem, nella fattispecie quelli dell’ultimo lavoro in studio del 2006, Stigmata. Questo vale sia per la produzione, sia per l’introduzione di passaggi particolarmente gelidi rispetto ai loro lavori precedenti, non a caso in quel disco suonava anche il chitarrista dei Martyrdöd, altro gruppo d-beat dalla prepotente vena black metal, contaminazione che in quegli anni non era raro trovare. Gli Atrament sono più monolitici, la struttura dei pezzi è minimale (anche per questo è facile parlare di d-beat piuttosto che di death metal) e magari in alcuni frangenti sfiora anche la monotonia, perché il metronomo è più o meno lo stesso in tutto il disco. Eternal Downfall è comunque un lavoro che troverà estimatori in modo trasversale, mi aspetto devastante furore dalla trasposizione in concerto di questi suoni.

Nel momento in cui andiamo on line con la recensione, vi basterà fare le arance invisibili con le mani per sentire il disco.